Iris Adami Corradetti

Non è da escludere che oggi il nome di lris Adami Corradetti (Milano, 1904) venga quasi automaticamente collegato a quello delle sue memorabili interpretazioni di personaggi come Violetta o Cio Cio San o Francesca o Fedora ecc...
Chi ama il Teatro, chi ritiene che anch"€™esso possa fare storia - storia di tempi, di costumi, di gusti, di interpretazione - ha il sacrosanto dovere non solo di non dimenticare, ma anche di rinverdire, se fosse necessario, questi ricordi.

La data ufficiale del ritiro di Iris Adami Corradetti è il 28 gennaio 1946, sebbene ci siano state successivamente sporadiche apparizioni per circostanze particolari e per concerti. Da allora sono passati 54 anni; i frequentatori di teatro di allora non ci sono quasi più; le generazioni si sono succedute; non ci sono più i vari Ziliani, Lugo, Galeffi, Malipiero Maugeri, Gigli, Salvarezza, Del Monaco, Biasini, Merli, Pertile, tutti compagni di tante battaglie combattute sui palcoscenici italiani (ma anche esteri) accanto alla nostra lris. Certi ricordi quindi fatalmente possono svanire.
lris Adami Corradetti apparve sulle scene liriche in un periodo ricco di fermenti, quando al già  consolidato repertorio verdiano veniva ad aggiungersi quello pucciniano e mascagnano, ma trovavano ancora spazio e successo anche i lavori di Vittadini, Respighi, Franchetti, Monte Mezzi, Lualdi, Castelnuovo Tedesco, Giordano, Robbiani, Ferrari-Trecate, Pick Mangiagalli Smareglia, Pietri, Rocca, Rabaud, Mulé, Lattuada, Ghedini, Zandonai, Cilea.Per cui, se è possibile ricostruire, attraverso la sua attività  di cantante versatile, le mode ed i gusti consolidati tra il 1926 ed il 1948, sono d"€™altra parte evidenti in lei aperture insolite: quelle appunto di una cantante che è arrivata ad affermare la propria personalità  sul filo, prima di tutto, della propria consapevolezza musicale, ancora più viva e fruttuosa dell'€™attenzione alla propria voce.
Saranno gli altri, e presto, a riconoscere anche le sue doti vocali non comuni, a sottolineare il suo straordinario talento di attrice, a scoprire la sua umanità  e la sua modernità .
Di musica e di interpretazione, di stili e di autori in casa sua sentì parlare sin dalla nascita e conobbe presto la qualità  e la quantità  dei sacrifici cui va incontro un cantante per preservare e maturare il suo organo vocale. Forse proprio per questo, giovanissima, si dedicò al pianoforte, sentenziando che la cantante non l"€™avrebbe fatta mai.
Crebbe fra i vocalizzi e le esibizioni di Bice Adami (San Donà  di Piave 1875 "€“ Padova 1969) soprano dalla voce purissima e di Ferruccio Corradetti (San Saverino Marche 1864- New York 1934) baritono, critico musicale ed attore intelligente.
Ma poi, quasi casualmente, i primi passi alla Scala, sotto lo sguardo attento e compiaciuto dei vari Toscanini, Guarnieri, Panizza e a fianco di colleghi illustri come Pertile, la Rasa, il Rossi Morelli, il Merli, la Dalla Rizza. Una carriera coltivata passo dopo passo, fatta si può dire dalla gavetta e portata sino ai vertici più alti.
Quanti personaggi? Tantissimi, da Coralità  di Anima allegra, personaggio del suo esordio nel 1926, a Liù, da Musetta a Barbarina e via via lungo un elenco impressionante: si contano circa 85 opere di repertorio, con quasi 100 personaggi diversi, appartenenti ad autori che vanno da Carissimi a Menotti, da Verdi a Wagner, da Respighi a Lualdi, da Wolf Ferrari a Franchetti, a Zandonai, Mulé, Pizzetti, Vittadini...
Non è dono di tutti carpire i segreti degli autori, immedesimarsi in personaggi cosi diversi psicologicamente e vocalmente, captare stili e sensibilità  così lontani fra loro, disporre quasi a piacimento (ma il segreto è solo nello studio) d"€™un organo vocale duttile e malleabile.
Se si dà  un"€™occhiata alle cronache teatrali, ci si accorge che sin dall'€™inizio della sua carriera vi è quasi una predisposizione verso l"€™eclettismo, verso il repertorio quanto mai vasto ed eterogeneo. Il suo fervido istinto musicale la conduce infatti ben presto ad accostarsi ad opere nuove o di rara esecuzione. Partecipa ad alcune "€œprime"€ importanti come La Sagredo di Vittadini (1930), Bacco in Toscana di Castelnuovo Tedesco (1931) La notte di Zoraima di Montemezzi (1931) in parti non proprio da protagonista ma pur sempre impegnative e determinanti per il successo finale, oltre che a parecchie esecuzioni di lavori di autori contemporanei o poco frequentati, come Persico, Casella, Rocca, Smareglia...
Dopo la partenza di Toscanini dalla Scala, la Corradetti si impone in altri teatri, primo fra tutti La Fenice di Venezia con Turandot (ruolo di Liù) nel 1932 e nella prima assoluta di Romanticismo di Robbiani (1933); poi, sempre nel 33, al San Carlo di Napoli ne"€™ Le nozze di Figaro (ruolo di Cherubino), a Genova ne"€™ Le Maschere di Mascagni (1933), a Bari in Traviata (1934), a Torino in Werther (1935) accanto a Tito Schipa e, nello stesso anno, in Boccaccia di Suppè accanto a Renzo Pigni.
Il rientro alla Scala si ha nel 1936 con Matrimonio segreto di Cimarosa, Lohengrln di Wagner, Il tabarro di Puccini ed Il campiello di Wolf Ferrari (in prima esecuzione assoluta) con opere cioè che testimoniano ampiamente, e ancora una volta, la singolare versatilità  dell'€™artista.
Poi ancora Werther a Napoli (1937), sempre con Schipa; Manon ed Il campiello a Roma (1937); Don Giovanni a Torino (1937); TravIata a Milano al Castello Sforzesco (1937); Lohengrin e La Bohème a Genova (1937), ecc..
Il Teatro alla Scala, nel 1938, le riserberà  una delle sue più grandi affermazioni: la messa in scena di Madama Butterfly diretta da De Sabata. L"€™attesa si rivela elettrizzante. C"€™è il ricordo di altre prestigiose protagoniste, come la Storchio, la Pampanini, la Dalla Rizza. Il successo personale è totale. Che cosa c"€™era, in realtà , in questa interpretazione della Corradetti? "€œlnnanzitutto"€ - sottolinea P. Caputo in un suo articolo apparso diversi anni fa su "€œMusica e dischi"€ "€œquesta artista ha saputo acutamente individuare l"€™autentico stile pucciniano; ha avuto il merito di saperlo collocare storicamente e criticamente in una sorta di stile neoromantico, uno stile cioè che, pur non ignorando le conquiste espressive del canto verista, ne mitigava però gli eccessi riallacciandosi ai principi essenziali (il legato, i portamenti, la linearità  del canto, ecc.) del melodramma romantico. Uno stile di canto personale, se si vuole, ma che ha permesso ai studiosi di individuare con maggiore facilità  la personalità  estetica di Puccini, erroneamente ritenuto da sempre un autore verista"€.
Ma sono almeno altri due i personaggi che è d"€™obbligo segnalare e che la Corradetti riuscì ad interpretare in modo egregio, attirando su di sé l"€™attenzione di critici autorevoli ed incondizionati consensi di pubblico. E cioè Francesca e Violetta. Sergio Setti, dopo una recita di Francesca da Rimini nel 1938, scriveva ne"€™ "€œLa gazzetta dell'€™Emilia"€: "€œIris Adami Corradetti, figura ideale per il ruolo di Francesca, maestosa nell'€™incedere, dal gesto stilizzato e dalla maschera mobilissima, ci ha offerto una interpretazione efficacissima ed ha reso vivo e palpitante col virtuosismo del suo canto il personaggio; questa magnifica interprete ha rivelato una potenza di voce eccezionale ed in alcuni punti una delicatezza di emissione tale da raggiungere i pianissimi più sospirati"€.
Interessante pure quanto scrisse Guglielmo Barblan relativamente alla sua interpretazione del personaggio di Violetta: "€œUn equilibrio fra intelletto e cuore di così intensa portata, lo si riscontra difficilmente fra le quinte del nostro teatro d"€™opera: se la si osserva attentamente questa cantante, non c"€™è il caso, una sola volta, che sfugga come sia costantemente vigile a ogni proprio accento, al minimo gesto. Ma nello stesso tempo ti accorgi che quando la vicenda si fa drammatica e l"€™episodio è velato dal manto del dolore, sul suo occhio spunta una lacrima e la sua voce ha il fremito che ti comunica come il cuore batta con maggiore violenza. Una simile maniera di cantare non si improvvisa, ma confessa tutto un processo di indagine artistica e tecnica, nel quale intelligenza, stile e gusto hanno gareggiato con attenta misura"€.
Molto ci sarebbe da dire anche a riguardo delle sue interpretazioni di Fedora, Carlotta Adriana, Lodoletta, Desdemona e delle tante altre opere e personaggi che lo spazio ristretto impedisce di elencare: opere e personaggi con i quali però si dimostrò - come scrisse il severo Bruno Barilli - cantante in possesso di "€œmezzi meravigliosi, di intelligenza e di precisione impeccabili. La sensibilità  e la squisitezza del suo orecchio sono proverbiali, e la sua intonazione immacolata. Essa può servire da diapason a tutti i colleghi. Con il timbro chiaro e senz"€™ombre della sua voce e con il suo dire largo e semplice ella tocca quasi la perfezione. Si vede che la gentile cantatrice non cessa di studiare e di amare la sua arte"€.
Eppure, improvvisamente, nel 1946, questa "€œvivissima, carezzevole ed espressiva soprano e, come sempre, attrice intelligente"€ (come la definì Franco Abbiati) annuncia il suo ritiro dalle scene. Nel 1951, in via eccezionale, partecipa a recite di Butterfly, Otello e Francesca da Rimini in occasione della commemorazione di Zandonai a Trento, e a qualche concerto; ma poi basta.
Quanto è awenuto dal "€˜51 ad oggi è cosa abbastanza nota: l"€™insegnamento in Conservatori e privatamente a Padova ove risiede da più di cinquant"€™anni, la partecipazione a giurie in tantissimi concorsi, le conferenze, i corsi di perfezionamento in Italia ed all'€™estero, le master-classe a Salisburgo su invito di Karajan, gli allievi, le direzioni artistiche, le consulenze, insomma un continuo servizio all'€™arte, a quell"€™arte a cui ha dato tutto, ma da cui ha ricevuto anche tanto.
A simili Artiste, noi amanti dell'€™Opera e della voce, dobbiamo molto e le additiamo ad esempio a quanti, con sacrifici e profondo studio - come fece lei - vogliono ripercorrerne le orme.