"Bibione bye bye one" e "Chiusura" di A. Rossetto

Ore 19:00


BIBIONE BYE BYE ONE
Un film di Alessandro Rossetto

(75 minuti, 35 mm B/N)
Italia/Germania 1999
Regia: Alessandro Rossetto
Fotografia: Gian Enrico Bianchi
Musica: Pascal Comelade

"€œQuando ero piccolo andavo spesso a Bibione per le vacanze. Quando avevo vent"€™anni sono per conto mio. In questo periodo la mia ragazza ritornato lavorava come cameriera per la stagione estiva. Lavorava durante il giorno e spesso anche alla sera e molte volte stavo ad aspettarla. Mi recavo raramente al mare, ma andavo a passeggio in giro: così alla fine ho conosciuto bene Bibione. Mi sembrava di essere in una piccola città  americana, non in Italia, ma alla fine ho scoperto che non era vero: Atlantic City è molto differente"€ (di Alessandro Rossetto)

Bibione, mar Adriatico, 100 chilometri a nord di Venezia. Il film è un viaggio in bianco e nero fra personaggi e situazioni, in un immersione totale e inedita. Sempre a cavallo fra cruda realtà  e assurdità  reali, la cinepresa sembra muoversi in un mondo a sé, che potrebbe essere ovunque o da nessuna parte, registrando immagini di estati che si susseguono come tasselli intercambiabili. Bloccato per un giorno nel suo scorrere, il flusso del tempo si lascia afferrare e rivela un"€™umanità  dolente, saggia e inquieta, comica e amara allo stesso tempo. Un luogo nato quasi dal nulla crea la sua storia contemporanea e viene indagato come un piccolo universo.


Ore 21:30

CHIUSURA

Un film di Alessandro Rossetto

(75 minuti, 35 mm)
Italia/Germania 2001
Regia: Alessandro Rossetto

Padova a Natale. Dopo 44 anni di esistenza, il salone di parrucchiera di Flavia chiude. Subito un immagine: le mani di Flavia massaggiano dolcemente i capelli umidi di una vecchia signora con un asciugamano rosso scuro. "€œ Si può alzare ."€ Flavia tende la mano. Non c'è che questo nell'inquadratura, questa mano aperta, tesa. Gesto perfettamente inutile, fatto per accompagnare il movimento del corpo della sua cliente "€“ "€œpaziente"€ dirà  poi una di loro "€“ un gesto animato da una tenerezza pura. C'è un'emozione infinita alla visione di questa immagine e dei tesori di un'emozione rara che percorrono il film come una sorgente calda.
Chiusura è un meraviglioso film di ascolto sensibile, di dolce captazione del tempo che passa. Il tempo che nel salone si dilata: non sappiamo più bene se è martedì o sabato, anche se la radio ricorda regolarmente l'ora del giorno. Il tempo tra una permanente e uno shampoo, nel frastuono del casco che asciuga. Il tempo di un caffè, di una sigaretta, di parole quotidiane ed essenziali: l'amore, la malattia, la famiglia. E, poiché la forza del film è anche di smontare i luoghi comuni su questi luoghi, si parla di Ronald Reagan, dell'LSD o della guerra in Rwanda. Queste anziane signore ci stupiscono e ci toccano nel più profondo. Per la bellezza delle loro rughe e dei loro volti, filmati in primo piano, con quei bigodini che diventano corone. Per la sincerità  e la saggezza di ciò che dicono sulla loro immagine che lo specchio riflette. Per l'assenza di meschineria e per l'autoironia della quale danno prova, l'humour devastante del loro musicale dialetto. E' ben più di un luogo di lavoro, quello di cui si parla in Chiusura : è un luogo di vita, un centro vitale. Il salone di parrucchiera è il punto di partenza di tutti gli incontri fatti dal regista, questo punto comune ed originale guida le scene girate fuori dal negozio. Rossetto filma da molto vicino il mondo di Flavia, ma segue anche una squadra di calcio femminile e un piccolo circo itinerante. Il film evita con grazia ogni stereotipo: siamo a Padova, in Italia, oggi. La bella bionda del numero del lanciatore di coltelli e le dure discussioni delle calciatrici nello spogliatoio diventano il contrappunto leggero del film. Le canzoni in solitudine, sentimentali ma mai mielose, sono commento eterno di un'istantanea di vita.
Con uno sguardo dolce, il film mostra Flavia separarsi brutalmente dai suoi attrezzi da lavoro. La sua difficoltà  a separarsene, ad accettare questa chiusura definitiva, anche se prevista. Il film si interroga sull'idea stessa del lavoro, il lavoro di tutta una vita: permanenza di passo, per divenire una realtà  obsoleta, come gli attrezzi e gli specchi di Flavia, trasportati via. Avrebbe potuto essere un racconto "€œpassatista"€, quello del film, un "€era meglio prima"€. Non lo è per niente. Alla fine una vecchia signora entra nel negozio ormai in disarmo perché si è persa. Flavia l'accoglie. Lo spettatore si interroga. Chi, ormai, prenderebbe il tempo di interrogarla, di cercarle un indirizzo sconosciuto sull'elenco telefonico, di accompagnarla. Dove si riuniranno le anziane clienti? Chi sarà  là  per ascoltare le loro parole leggere o gravi? Il film non distilla la visione crepuscolare di un mondo che muore, anzi si oppone alle predizioni catastrofiche sulla solitudine nelle nostre società  moderne. Usciamo dal cinema toccati, nostalgici ma felici, dicendoci che forse anche le giovani della squadra di calcio troveranno una come Flavia. Nicchie di resistenza dell'umanità , a Padova e altrove, è sicuro. (Recensione a cura di Céline Leclère ).

INFORMAZIONI E BIGLIETTI
Ingresso gratuito alla doppia proiezione

Per tutte le informazioni si rinvia a: Prospettiva Danza Teatro 2007. Il gesto, la parola, la visione.