Il tempo è memoria. La memoria è nel tempo

Scatti di Gianluca Saggin

Inaugurazione giovedì 22 gennaio ore 18.00

Guardare al passato come strumento d’analisi del presente e di costruzione del futuro.
Questa la riflessione profonda che sta alla base del lavoro e degli scatti di Gianluca Saggin e della mostra Il tempo è memoria. La memoria è nel tempo. Riflessioni fotografiche a settant'anni dall'orrore di Auschwitz, allestita dal 23 gennaio al 15 febbraio 2015 presso le Scuderie di Palazzo Moroni.
Guardare al passato come strumento d’analisi del presente e di costruzione del futuro è stato il filo conduttore dei viaggi effettuati dal fotografo in luoghi chiave per questa analisi. Mai come visitare i campi di concentramento nazisti porta a questa riflessione profonda.
Negli ultimi sei anni il fotografo padovano ha visitato tredici campi di concetramento in Polonia, Austria, Germania, Francia, Italia e Croazia, realizzando una serie di fotografie documentarie con lo scopo di mantenere viva la memoria di quanto accaduto durante uno dei periodi più tragici della storia del novecento. Gli scatti tracciano le tappe fondamentali che vivevano i deportati al loro arrivo in questi luoghi di morte, l’analisi vuole andare oltre alla suddivisione per campo ponendo l’attenzione sul percorso delle vite umane: si vuole prescindere dalla provenienza dei prigionieri, dal motivo per cui erano lì, dal campo a cui erano destinati, ma si vuole evidenziare quello che loro si trovavano ad affrontare nel loro terrificante viaggio.
In mostra una cinquantina di fotografie in bianco e nero che tracciano il percorso delle persone deportate nei campi sin dal loro arrivo: treni/binari; entrate; esterni; interni; monumenti alla memoria.
La scelta del bianco e nero nelle fotografie vuole evidenziare ancor più l’angoscia dei deportati. I binari sono la prima tappa, la maggior parte dei deportati arrivava al campo attraverso un estenuante viaggio in treno. Le entrate sono le porte dell’inferno che li aspettava, alcune portano scritte che fungono da terribile monito, mentre altre si nascondono dietro alla facciata di una bella villa, tristemente convertita.
I luoghi esterni dei campi, a volte davvero sterminati, sono riempiti da baracche, circondati da fili spinati. Nell’attraversarli oggi ci si ritrova ancora in luoghi rimasti quasi invariati o a volte in luoghi di riflessione, dove dell’epoca è rimasto il solo perimetro, ma l’interno è comunque atroce, grazie ad installazioni in grado di colpire l’animo.
Gli interni delle baracche testimoniano la vita e la morte nel campo, ancor oggi si possono vedere gli oggetti espropriati o le scritte lasciate dai prigionieri, segni evidenti di vita. Ma ci si trova davanti anche a camere a gas, a forni crematori, ad improbabili dormitori, a forche, segni innegabili del destino dei più. La volontà di onorare i morti si ritrova in tutti i monumenti incontrati nel viaggio, in modo diverso ogni paese ha voluto commemorare il sacrificio enorme sia in termini di numeri, che in termini di violenza. I monumenti in un certo modo riportano allo stesso desiderio del fotografo di non voler dimenticare queste
atrocità.
Mostra allestita nell'ambito delle celebrazioni del Giorno della Memoria, ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata in commemorazione delle vittime dell'Olocausto. La data non è casuale: infatti in questo giorno si celebra la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio 1945 ad opera delle truppe sovietiche dell'Armata Rossa. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l'orrore del genocidio nazista.

All'interno della mostra proiezione del documentario: Otto Weidt, uno tra i Giusti a cura della Sezione di Padova dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus (soggetto di Silvia Cutrera; regia di Nathalie Signorini; musiche di Filippo Visentin).
Il documentario narra la storia di Otto Weidt (1898-1947), un piccolo imprenditore cieco che, negli anni più feroci del nazismo contribuì, assumendoli nella sua piccola fabbrica berlinese di spazzole e scope, a salvare alcuni ragazzi ebrei disabili, per lo più ciechi come lui e sordi. La sua azione instancabile a difesa dei più deboli, gli è valsa ad opera dello Yad Vashem di Gerusalemme, nel 1971 il riconoscimento di Giusto fra le Nazioni. Con questo documentario, prodotto dall’Agenzia per la Vita Indipendente Onlus e dalla Fondazione Roma Solidale, Filippo Visentin, storico e musicista non vedente di Padova, si è messo sulle tracce di questo piccolo Schindler, uomo straordinario e coraggioso, compiendo una visita alla Fabbrica di Rosentaler Strasse 39, oggi divenuta museo, intervistando studiosi e sopravvissuti agli orrori della Soluzione Finale, ma anche mostrando alcuni fra i monumenti di Berlino (il memoriale della Shoah, quello dell’Aktion T4 e infine il Reichstag), simbolo della volontà di non dimenticare.

Informazioni
Ingresso libero
Orario 9.30-12.30 / 15-18 chiuso i lunedì non festivi
Servizio Mostre - Settore Attività Culturali
tel. 049 8204546

cultura@comune.padova.it
 

Aggiungi un commento