Biblioteca Civica
Raccolta Padovana
Giovanni Francesco Capodilista
De viris illustribus familiae Transelgardorum Forzate et Capitislistae (Codice Capodilista) BP 945
Fu scritto tra il 1434 e il 1440 da Giovanni Francesco Capodilista, giurista e professore dell'Università di Padova, uomo politico e diplomatico per il governo veneziano, discendente di una delle famiglie più antiche e nobili di Padova. Il manoscritto narra in brevi medaglioni la vita dei principali rappresentanti della stirpe dei Transelgardi, poi chiamati Forzatè e in seguito Capodilista. I personaggi eminenti della casata, leggendari e reali, sono raffigurati in 26 coloratissime miniature a piena pagina che rappresentano cavalieri, uomini d"arme e prelati; in fine, due pagine riccamente miniate raffigurano, in una sontuosa cornice architettonica, 24 dottori della famiglia.
Liber cimeriorum dominorum de Carraria
Libro dei cimieri carraresi, manoscritto membranaceo della fine del secolo XIV, miniato BP 124.XXII
Piccolo, lussuoso manoscritto in pergamena contenente le lodi dei principi carraresi in esametri latini a rima baciata. L"autore del testo fu Lazzaro Malrotondi da Conegliano, precettore dei figli di Francesco Novello. Gli elogi, scritti in eleganti lettere dorate nella parte alta della pagina, sono accompagnati dal cimiero distintivo di ogni personaggio, miniato a colori su fondo verde scuro e contornato da una cornice dorata. I principi carraresi qui celebrati sono Giacomo I, primo signore di Padova, morto nel 1324; Nicolò, morto in esilio nel 1344; Marsilio, che morì nel 1338; Ubertino, cui si deve il definitivo assestamento del potere carrarese su Padova; Marsilietto Papafava, ucciso dopo 40 giorni di signoria; Giacomo II, accorto politico e ammiratore del Petrarca, che per suo invito si stabilì a Padova; Giacomino, che governò per un breve periodo assieme al nipote Francesco I, dal quale fu presto esautorato;
Francesco I il Vecchio, il più famoso tra i Carraresi, amico del Petrarca, che dopo la sconfitta viscontea morì a Pavia prigioniero dei Visconti; suo figlio Francesco II il Novello, ultimo signore di Padova, che fu strangolato in carcere assieme ai suoi figli dai vincitori veneziani. Nella prima parte del codice sono riportati gli elogi degli antenati e dei altri membri illustri della famiglia signorile, ma le grandi cornici dorate sottostanti sono vuote. L"ignoto miniatore si ispirò probabilmente agli emblemi affrescati che dovevano adornare l" "anticamara a cimeriis" della reggia carrarese.
Albertino Mussato
De traditione Padue ad Canem Grandem anno 1328 mense septembri et causis precedentibus
manoscritto membranaceo della fine del sec. XIV e inizio XV secolo, miniato, BP 408/I
Il manoscritto si apre con l"Apologia dei signori carraresi attribuita a Pier Paolo Vergerio. Segue il testo del Mussato, che, pur critico nei confronti della signoria, ebbe tuttavia grande fortuna nell'ambiente. Il manoscritto infatti, come i due precedenti, appartenne alla biblioteca di Francesco Novello e riporta miniato sulla prima carta, ancora ben visibile nonostante la rasura, il carro rosso dello stemma carrarese.
Statuti del comune di Padova, manoscritto membranaceo del 1362, BP 1237
Noto anche come codice statutario carrarese, il volume contiene la redazione degli statuti di Padova, cioè il complesso delle norme che regolavano l"amministrazione della città e del suo territorio, fatta compilare nel 1362 da Francesco il Vecchio da Carrara, signore della città dal 1350 al 1388. Francesco il Vecchio fece riformare il codice preesistente, il cosiddetto repubblicano, redatto dal Comune padovano al suo apogeo nel 1276 (manoscritto BP 1235). La Repubblica di Venezia, che nel 1405 sostituì in Padova la signoria carrarese, revisionò a sua volta la normativa statutaria cittadina nel 1420 (manoscritto BP 1236). Ciascuna redazione tuttavia è esemplata sulla preesistente, così nelle redazioni più recenti si possono trovare norme datate anche due secoli addietro.
Francesco Squarcione
Padova e il suo territorio, ca 1465, R.I.P. XLII 5402
Il disegno a penna con colorazioni ad acquerello realizzato su pergamena da Francesco Squarcione (Padova n. 1397, m. 1468) nel 1465, rappresenta con essenzialità il tracciato urbano di Padova con il percorso del fiume Bacchiglione e la cortina muraria esistente. Questo disegno, considerato il più antico del genere sull"assetto urbano padovano ancora esistente presso le Biblioteche e gli Archivi, fu realizzato, secondo quanto indicato dallo Scardeone nella sua opera intitolata "De Antiquitatibus Urbis Patavii" e pubblicata a Basilea nel 1560, dal fondatore della scuola di pittura rinascimentale in Padova. Inizialmente ricamatore e sarto, Squarcione iniziò la propria attività artistica come raccoglitore e commerciante di oggetti d'antiquariato per poi dedicarsi alla pittura. La sua pianta di Padova ha un carattere simbolico perché si basa essenzialmente sugli elementi urbanistici più celebrativi della città . Infatti nella seconda metà del Quattrocento, e durante tutta la durata della dominazione veneziana, le rappresentazioni cartografiche del territorio della terraferma delineavano le mura difensiva e i corsi d'acqua delle città , punti strategici per la difesa militare.
Osservando il disegno si notano quattordici torri, compresa quella del Castello, le porte ed i ponti, il Palazzo della Ragione, la Basilica di Sant"Antonio, mentre in basso sono indicati i canali della Bassa Padovana e le fortificazioni di Oriago. Lateralmente, verso sud-est, vi è un elenco di località della provincia di Padova con la specificazione di distanze fra loro e anche dal capoluogo. Per meglio comprendere il significato dell'impostazione grafica di questo disegno è opportuno descriverne brevemente la storia. Esso fu commissionato dal Comune di Padova allo Squarcione affinché venisse esposto nell'Offitio Cancellarie Communis e ricalcava sostanzialmente il disegno effettuato da Annibale Maggi nel 1448, di cui rimane una copia manoscritta apografa cinquecentesca conservata presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano.
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