La storia del complesso Cornaro

Realizzata in pietra di Nanto, la Loggia mostra particolari decorativi desunti direttamente dall'arte antica come il motivo a metope e triglifi dell'architrave o la Vittoria alata sopra l'arcone centrale, presentando nel piano superiore, innalzato dopo il 1524, una serie di finestre cieche a timpano triangolare in cui trovano posto le statue di Diana, Venere Celeste e Apollo. Sul suo sfondo, Angelo Beolco detto il Ruzante recitava le sue commedie alla presenza del mecenate Alvise.

La volta della Loggia ospita, entro cornici geometriche, una serie di stucchi e pitture con figure mitologiche, il cui significato allegorico risulta ancora oscuro. L'identità  degli autori di tali scene è sconosciuta, ma si può ipotizzare che fossero artisti di formazione romano - mantovana come provano le scelte stilistiche e iconografiche.
Risale invece verosimilmente al 1530 la costruzione dell'Odeo, luogo deputato alla musica e alle conversazioni erudite, la cui pianta, costituita da uno spazio centrale ottagonale circondato da vani laterali disposti simmetricamente è mutuata dalla cosiddetta villa di Marco Terenzio Varrone, secondo la codificazione che ne era stata data dal Sangallo.

La facciata, di semplice struttura, si articola in due piani; quello terreno è animato da una nicchia centrale fiancheggiata da finte finestre che ospitano due rilievi figurati rappresentanti le allegorie del Sole-Giorno (a sinistra) e della Luna-Notte (a destra), mentre quello superiore presenta un loggiato coperto da volta a botte.
Recenti restauri hanno restituito a quest'ultimo le forme originarie attraverso l'eliminazione delle tre grandi finestre che erano state inserite a chiusura degli archi.
La volta ad ombrello, nel vano centrale dell'Odeo, mostra splendide decorazioni a grottesche su fondo chiaro, primo esempio a Padova di questo motivo diffusosi a Roma e Mantova nella prima metà  del Cinquecento a seguito alla scoperta della Domus Aurea di Nerone.
Tali affreschi sono stati attribuiti a Gualtiero Padovano, artista che, ispirandosi alle incisioni di Domenico Veneziano e alle decorazioni a grottesche di Polidoro da Caravaggio nelle stanze Vaticane, rimane aderente alla tradizione romana nel proporre il motivo a candelabro animato da putti, satiri, vasi e figure incappucciate di indovini, una simbologia probabilmente legata alla pratica alchimistica e o ai riti del mondo contadino.

A queste decorazioni, che ora però si ritengono estranee alla cultura figurativa padovana, si affiancano fregi riproducenti elementi tratti dalla vita agreste con esempi di flora e fauna locale. Nelle sale attigue si aprono ariosi paesaggi attribuiti a Lambert Sustris, artista originario di Amsterdam ma operante, a partire dal terzo decennio del XVI secolo, a Roma, Venezia e Padova; è ipotizzabile che gli stucchi siamo opera dei figli del Falconetto e soprattutto di Tiziano Minio, scultore attivo nell'Odeo negli anni compresi fra il 1534 e il 1537.

Nei piani superiori, peraltro non visitabili, sono visibili decorazioni pittoriche con paesaggi e figure a monocromo, mentre all'ultimo piano, in corrispondenza della mansarda, sono presenti altri lacerti di affresco. Tali decorazioni denunciano uno stato di forte degrado dovuto essenzialmente alle manomissioni operate all'interno della costruzione nel corso dell'Ottocento e del Novecento.
L'Odeo fu adibito fino al 1968 ad abitazione. La contessa Giulia Giusti del Giardino, nata Bianchini d'Alberigo, in quello stesso anno, lasciò entrambi gli edifici in legato testamentario al Comune di Padova. Attualmente il complesso Cornaro costituisce una delle sedi del sistema museale civico.


Associazione La Torlonga