Il codice Vaticano latino 3196

La straordinaria presenza del codice Vaticano latino 3196, il codice forse più prezioso della lirica italiana in quanto contenente, autografe, 20 carte scritte dalla mano del Petrarca in tempi diversi (dal 1336 alla sua morte), costituisce la preziosa testimonianza della storia del canzoniere e consente di spiare il Petrarca nel suo laboratorio poetico, osservandone gli scritti in uno stadio ancora non definitivo, le correzioni ed i ripensamenti.

È stato recentemente pubblicato da Laura Paolino, Il codice degli abbozzi. Edizione e storia del manoscritto Vaticano latino 3196, Milano- Napoli, Ricciardi 2000. Raccoglie alcune delle carte che il poeta utilizzava per i suoi primi abbozzi e che gli servivano per le prime correzioni, sino a quando di qui egli non trasferiva i suoi componimenti in un supporto diverso e più adatto.

La maggior parte di questi abbozzi è costituito da poesie o frammenti che poi passarono nel Canzoniere, alcune direttamente nel codice oggi Vatic. Lat. 3195: il gemello d"€™oro della Vaticana, ovvero la "€˜copia"€™ nella quale il Petrarca fece trascrivere dal copista Giovanni Malpaghini la sua opera lirica, e che egli stesso condusse a termine, avvicendandosi al suo copista e trascrivendo si suo pugno il testo.

Siccome il Petrarca, in queste carte non ufficiali ed esposte, segnalava anche i tempi di stesura o di correzione, e talvolta anche l"€™ora precisa in cui aveva ripreso in mano la penna, ed il tempo intercorso dall'€™ultima stesura, il codice ha offerto una miniera di notizie per la ricostruzione della elaborazione dei testi nei loro insiemi (varie redazioni, o "€“come sono state chiamate- "€˜forms"€™, del Canzoniere, studiate per la prima volta da Ernest H. Wilkins e, in Italia, da Arnaldo Foresti).

Con le poesie del Canzoniere sono presenti altre rime di corrispondenti, risposte di Petrarca a loro, lacerti poetici non finiti nel Canzoniere, stralci di epistole latine (della raccolta delle Familiares) e, dei Trionfi, parti di quello d"€™Amore (Triumphus Cupidinis), quello dell'€™Eternità.

Siccome la maggior parte di queste carte erano all'€™origine piegate, e alcune di esse lacerate, è evidente che il poeta usava per i suoi primi assaggi di prova, o prime scritture, carte di servizio, destinate poi, normalmente, alla distruzione, cioè veri e propri scartafacci: donde propriamente ai testi del Vat. Lat. 3196 si attaglia l"€™etichetta di "€˜critica degli scartafacci"€™, che, applicata all'€™esame delle correzioni d"€™autore, fu importantissima nella cultura italiana del primo Novecento, opponendo al grande Croce, i fautori, come Giuseppe de Robertis e Gianfranco Contini, della filologia delle "€˜varianti"€™ ovvero "€“appunto- la "€˜critica degli scartafacci"€™. Petrarca stesso fu il primo critico dei propri scartafacci perchè talvolta vi lasciò cadere note che riguardano le motivazioni dei propri cambiamenti ( «non videtur satis triste principium»).

Il codice finì nella mani di Pietro Bembo, ma è forse una leggenda ch"€™esso fosse stato trovato presso un "€˜pizzicaruolo"€™; dai libri del Bembo passò alla Biblioteca di Fulvio Orsini, e di qui alla Biblioteca Vaticana (con lo stesso percorso, del "€˜fratello"€™ in bella copia, Vat. Lat. 3195).

L"€™uscita dalla Biblioteca Vaticana, per evidenti motivi, è occasione rarissima, e anche per ciò la sua presenza a Padova costituisce un fatto eccezionale, meritando il codice di essere considerato il cimelio più prezioso di questa mostra.

Gino Belloni