Renato Bruson
RENATO BRUSON, I SUOI 'PRIMI 40 ANNI' NEL NOME DI VERDI
"Bruson, lei canta molto bene ma non possiede personalita'!'', fu il lapidario il verdetto dopo un'audizione alla Scala di Milano. Era il 1963 e Renato Bruson, che aveva 'temerariamente' debuttato al Lirico Sperimentale di Spoleto nel 'Trovatore' di Giuseppe Verdi due anni prima, giocava la carta del grande teatro milanese. La straordinaria carriera del baritono veneto smentisce quel verdetto, anche se Bruson dovra' aspettare nove anni per mettere piede sul palcoscenico della Scala nei panni di Antonio nella 'Linda di Chamounix' di Gaetano Donizetti. (...)
Dal 1961, anno dopo anno, i successi del baritono veneto smentiscono puntualmente l'affrettato verdetto della Scala. ''Superbo, ambizioso esito -scrive il critico e musicologo Giuseppe Pugliese- conseguito attraverso lo studio costante di tutte le componenti musicali, e quell'ossessivo scavo della 'parola scenica' che fu la religione del linguaggio vocale del 'patriarca' del nostro melodramma, e che Bruson fece propria, con una compiutezza che gli consentirono di rendere le sue interpretazioni verdiane un modello unico, rimasto finora ineguagliato''.
I SUCCESSI NEL NOME DI VERDI
"Baritono verdiano, quindi. E non a caso Bruson ha debuttato nel nome di Verdi al Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto con 'Il Trovatore' ed ha festeggiato i suoi 40 anni di carriera, nell'anno del centenario della morte del Maestro di Busseto, con quattro titoli verdiani: 'Ernani', 'Stiffelio', 'I Vespri siciliani', 'Otello', 'I due Foscari'. Ma, c'è da chiedersi: qual e' il baritono che non debba ringraziare Verdi per i propri successi? Proprio con Verdi infatti la voce baritonale, considerata di secondo piano dai suoi predecessori per essere eccessivamente realistica, conquista i ruoli protagonistici. Ed è appunto quell'elemento realistico, che non piaceva ai suoi colleghi, ad affascinare Verdi. Nasce con lui una galleria di padri, re, dogi, tiranni, dalle mille sfaccettature vocali e dunque psicologiche (nel melodramma la musica e la vocalità sono l'espressione dell'anima dei personaggi) ai quali Bruson ha saputo dare vita come pochissimi altri cantanti nella storia dell'interpretazione verdiana. Scrive il musicologo Christian Springer: ''Molto e' stato scritto sul fatto che Bruson e' il baritono verdiano per antonomasia della seconda meta' del secolo scorso. Baritono verdiano non come si intendeva, o meglio, si fraintendeva negli anni '50 e '60, ma baritono verdiano come inteso e voluto dal compositore stesso''.
DA PADOVA A LOS ANGELES, IL PASSO E' QUELLO DI FALSTAFF
"Bruson, originario di Granze (Padova), inizia i suoi studi musicali al Conservatorio di Padova con Elena Fava Ceriati. Nel 1961 vince il concorso del Lirico Sperimentale di Spoleto e debutta come Conte di Luna nel 'Trovatore'. L'anno successivo e' Riccardo nei 'Puritani' di Vincenzo Bellini all'Opera di Roma. Inizia quindi un'intensa carriera che lo porta nei piu' prestigiosi teatri del mondo. Nel '70 canta a Firenze nel 'Ballo in maschera' diretto da Riccardo Muti, avviando con il direttore pugliese un rapporto di collaborazione che va avanti ancora oggi. Nel '72 e' la volta della Scala e nel '75 avviene il debutto internazionale al Covent Garden di Londra. In quell'occasione Bruson fu chiamato a sostituire uno dei mostri sacri del canto, Piero Cappuccilli, in una produzione del 'Ballo in maschera' di Verdi diretto da Claudio Abbado. Il successo fu tale che Bruson torno' nel teatro londinese per cantare i principali ruoli verdiani: 'Simon Boccanegra', Rodrigo nel 'Don Carlos', Jago nell''Otello', 'Macbeth', don Carlo di Vargas nella 'Forza del destino' e 'Falstaff' sotto la bacchetta di Carlo Maria Giulini. Una produzione, quest'ultima, che verra' registrata in disco e riproposta a Los Angeles e Firenze.
Il Covent Garden non è il solo teatro straniero dove Bruson miete consensi. Alla Staatsoper di Vienna il baritono veneto debutta nel '78 in 'Macbeth' e il successo e' tale che il prestigioso teatro austriaco si assicura la sua presenza tutti gli anni e gli riconosce l'ambito titolo di 'Kammersaenger'.
BRUSON E IL ''RIPRISTINO STORICO DEL BELCANTO''
Ma Bruson non si culla negli allori. Nonostante raccolga un successo dietro l'altro, si preoccupa di allargare il suo repertorio interpretando personaggi. All'inizio degli anni '70 aveva fatto ampie incursioni nel bel canto donizettiano portando in scena opere rare come 'Caterina Cornaro', 'Belisario', 'Gemma di Vergy' o 'Roberto Devereux'. Ma anche opere piu' note del compositore bergamasco - 'Poliuto', 'Lucia di Lammermoor', 'La Favorita', 'Il Duca d'Alba' - con enorme successo. Negli anni '80 si spinge verso il '700 con 'Don Giovanni' di Mozart, verso il Verismo con 'Andrea Chenier' di Giordano e, nel 2000, arriva fino al Novecento dell''Amore dei tre re' di Italo Montemezzi. E la sua straordinaria carriera, oltre ai riconoscimenti internazionali di carattere squisitamente musicale, gli frutta una laurea 'honoris causa' dell'Università di Urbino, la cittadinanza onoraria di Parma, Ortona (citta' natale di Francesco Paolo Tosti del quale ha eseguito tantissimi brani), di Palmi (citta' natale di Francesco Cilea). E' inoltre membro d'onore della 'Donizetti Society' di Londra, Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana e, in occasione dei 40 anni di carriera, e' stato insignito della commenda dell'Ordine dei Cavalieri di Malta.
Bruson resta certamente il cantore verdiano per eccellenza del secondo Novecento. Ma le sue incursioni nel difficile repertorio donizettiano hanno aperto, a livello internazionale, la strada a quello che alcuni critici hanno definito ''il ripristino storico del belcanto''. Le sue interpretazioni di personaggi donizettiani, scrive il critico musicale Elvio Giudici, ''trovano nella straordinaria versatilita' espressiva del canto di Bruson definizione teatrale perfetta''.
a cura di Pippo Orlando
tratto da: "Notiziario speciale per la Presidenza del Consiglio"
dicembre 2001, "Personaggio del mese"
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Inviato da: sarah chirici | 85.18.14.24