Il Cielo degli Altri

Hassan scappa dall'Iraq, Kirom dall'Albania. Draid viene dal Libano, Ahmed dall'Algeria, mentre Ido è disperso in Bosnia. Alma cerca il marito, Amina parte insieme a Kirom. Nur, la promessa sposa, e Nazrim, la figlia piccola, restano a casa. Qualcuno scappa dalla guerra, qualcuno dalle persecuzioni, altri hanno sogni di ricchezza o fuggono dalla miseria. Si troveranno in un gommone, ricorderanno un viaggio che non finiranno mai, parleranno di un destino che altri vivranno al posto loro. Fuga, miraggio, sfruttamento, commiato, viaggio, nostalgia, attesa, delusione, prostituzione, lavoro, sogni, ritorno, naufragio, amicizie, incubi e speranze.

Una produzione Armunia, Castiglioncello
Compagnia Setaccio Teatro
"Il Cielo degli Altri"
testo e regia di César Brie
Attori: Isadora Angelini, Andrea Bettaglio, Serena Cazzola, Deborah Ferrari, Raffaella Tiziana Giancipoli, Alessandro Lucignano, Robert Mc Neer, Guillaume Moreau, Donato Nubile, Luca Serrani
Luci: Francesco Pace
Costumi: Giancarlo Gentilucci
Testo: César Brie, con frammenti del gruppo e di Nazim Hikmet
Regia: César Brie
Assistente alla regia: Viviano Vannucci
Assistenti ai costumi: Gabriella Nobile, Tea Primiterra, Pamela Rossi, Pamela Tuzi, Daniela Vespa

Questo progetto ha due radici. La prima è il lavoro pedagogico che mi viene spesso offerto e che per anni ho evitato. Non amo insegnare senza farmi carico delle conseguenze di questi insegnamenti. La condizione di chi oggi cerca di fare teatro fuori dai canoni del mercato e delle religioni, mi sembra quanto meno precaria. In questo "progresso" non c'è spazio nè per una manodopera in eccesso, nè per disagi culturali.
CosÍ­ ho deciso di prendere alcuni allievi e di portarli più lontano. Creare con loro un'opera. Ho posto delle domande - perché fuggiamo, verso dove, alla ricerca di cosa - abbiamo interrogato lo spazio scenico, cercando metafore, allegorie.
L'altra radice è l'indignazione. L'Italia, paese di emigranti, rifiuta gli immigrati. Si fa sugli altri lo stesso che si è subito in anni non tanto lontani. La povertà  si esportava, la ricchezza ce la teniamo stretta.
Avevo paura, nell'iniziare questo lavoro, di produrre una nuova esclusione: fare di un assente il soggetto dello spettacolo. Non volevo parlare soltanto della condizione dell'emigrante nè delle ragioni dell'emigrazione, ma cercare di scoprire la persona, rannicchiata, impaurita, accovacciata, dietro la definizione di emigrante.
Ho scritto delle storie, di tradimenti, lontananze, amori perduti, storie di uomini e donne le cui vite si dissolvono. Di qualcuno ne capiamo il destino, di altri svaniscono le tracce. Anche quello che dice di avercela fatta, che sfrutta i compagni di sventura e fa l'elogio dell'egoismo, abbandona sul bagnasciuga gli indumenti e gli oggetti che avrebbero sancito il suo successo.
CosÍ­ è nato "Il Cielo degli Altri".
L'emigrazione verso l'Europa di oggi assomiglia troppo, in forme appena differenti, all'esodo degli italiani verso l'America nel tardo ottocento e verso il nord Europa nella seconda metà  del novecento.
Nel cielo degli altri non riconosci le stelle che vedevi da bambino, quando avevi curiosità  e tempo per guardarle. Il cielo degli altri è il cielo della nostalgia, della solitudine, della perdita e dell'assenza.
Credo, malgrado tutto, che gli italiani abbiano memoria, che ci siano ancora persone generose, accoglienti, sensibili e solidali, che non sono ancora stanche della povertà  degli altri.
César Brie