Lo spazio sonoro

Conferenza a cura di Roberto Favaro

Incontro-Conferenza inserita nel cartellone dell'edizione 2014 di Prospettiva Danza Teatro

A cura di Roberto Favaro

«Caveremo adunque tutte le Regole del Finimento da’ Musici, a chi sono perfettissimamente noti questi tali Numeri».
Le indicazioni di Leon Battista Alberti sulle corrispondenze tra architettura e musica costituiscono uno dei momenti più alti e intensi di un rapporto che si è sviluppato carsico dall’età classica - «Musicam autem Architectus sciat oportet» raccomandava Vitruvio - fino alle sperimentazioni di Le Corbusier e del suo allievo Xenakis. Ad aggiungere un altro anello a questa catena solida più di quanto il senso comune induca a considerare è l’Accademia di Architettura di Mendrisio, che nel suo piano di studi prevede un corso di “Spazio sonoro”. Roberto Favaro, che ne detiene la cattedra, sviluppa le sue intuizioni sull’argomento dedicando la prima parte di questo saggio alla definizione di una griglia teorica che inquadra le relazioni tra musica e spazio, e riservando alla seconda l’approfondimento di alcuni temi di ordine storico e sociale e all’illustrazione di casi paradigmatici dell’incontro tra le due discipline. Date le premesse la prospettiva è più quella dell’architetto che del musicista: l’elemento da comporre è in realtà lo spazio, mentre la musica (o per meglio dire il paesaggio sonoro, con un’espressione che lo stesso Favaro mutua da Murray Schafer) rappresenta un dato di fatto, come il rumore della cascata del Bear Run nel leggendario Fallingwater di F. L Wright. Un’impostazione che naturalmente non impedisce al lavoro di offrire preziosi spunti di interesse, diluiti dall’autore in uno stile che per dirla con Umberto Eco indulge con frequenza alla “vertigine della lista”. Enumerazioni insistite spesso estese e a volte nidificate a costituire labirinti dai quali si fatica ad uscire con un’idea stabile, finiscono con il pretendere una fedeltà che il lettore potrebbe non essere disposto a concedere. Un tic stilistico cui più in generale corrisponde un approccio rarefatto e poco incisivo, che sembra voler evocare la complessità dell’argomento più che arrivare ad una sintesi efficace. Restano così sottintesi o appena accennati alcuni concetti cardine, primo tra tutti la capacità che musica e architettura condividono di modellare da diversi versanti la bolla sensoriale che circonda ognuno di noi e che in poche pagine nella sua Filosofia della Musica, con ben altra efficacia Silvia Vizzardelli racchiude nel concetto di “atmosfera”, oggi il più promettente nella riflessione delle nozze singolari tra l’arte del suono e quella dello spazio.

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