Piramo e Tisbe

Piramo e Tisbe

Ovidio, Metamorfosi (Libro IV, 55 - 166 )

Piramo e Tisbe, innamorati contro la volontà dei genitori, possono comunicare solo attraverso una fessura del muro che separa le loro case. Una notte decidono di incontrasi, fissando un appuntamento presso una pianta di gelso. Tisbe, arrivata per prima, vede una leonessa che, reduce da un pasto cruento, si avvia a bere alla fontana vicina. Mentre impaurita fugge a nascondersi, le cade un velo su cui l’animale lascia con il muso delle tracce di sangue. Quando Piramo arriva e vede il velo insanguinato, pensando di aver provocato la morte dell’amata, impugna un’arma e si uccide. Il sangue che viene fuori dalla sua ferita schizza in alto fino a macchiare i frutti di gelso. Uscita dal nascondiglio, Tisbe si accorge del corpo morente di Piramo e , compreso l’equivoco di cui è stato vittima, decide di suicidarsi. Prima di farlo esprime due desideri che verranno appagati: i genitori consentiranno che i loro cadaveri siano sepolti insieme e gli dei che i frutti del gelso abbiano da allora in poi il colore del sangue.

Quadro:
Lodewijk Toeput, detto Pozzoserrato
(Anversa o Malines, 1550 circa – Treviso, 1604/1605)
Piramo e Tisbe
Padova, Musei Civici
Museo d’Arte Medievale e Moderna
Inv. 259 (Legato Emo Capodilista, 1864)