Moni Ovadia, "Il registro dei peccati"

Arena Romana Estate 2009. Cinema, teatro, musica

Moni è il diminutivo col quale amava chiamarlo la mamma, ma il suo nome per intero è Salomone Ovadia, come il nome arabo Suleiman Abdallah, che significa "portatore di pace e servo di Dio". Davvero un bell'impegno. Un impegno che Moni Ovadia mette in ogni lavoro che porta in giro per il mondo, per far conoscere a tutti una filosofia di vita antichissima, attraverso strumenti altrettanto antichi e nobili: oltre alla preghiera e lo studio, anche il canto, la danza, la narrazione e perché no, l'umorismo. Sul palco dell'Arena Romana, Moni Ovadia presenterà il suo "Registro dei Peccati", nuovo recital sul khassidismo che condurrà lo spettatore verso un mondo straordinario, estirpato però dal nostro paesaggio umano e spirituale.

IL REGISTRO DEI PECCATI
rapsodia lieve per racconti, melopee, narrazioni e storielle

recital-reading sul mondo khassidico ideato e interpretato da MONI OVADIA

a cura di Daniela Rossi
presentato da Promo Music

Ama definirsi "Un ebreo di origine bulgara, non ortodosso, di formazione marxista, vegetariano e soprattutto con un'identità nomade" (Fonte: "Un nomade teatrante", Moni Ovadia con Antonia Anania, www.caffeeuropa.it). Se gli si chiede il perché del suo essere "nomade" risponde che l'identità ebraica stessa è nomade. Infatti Dio avrebbe detto all'ebreo: "La terra è mia. Tu vi abiterai come soggiornante". In ebraico "soggiornante" e "straniero" sono la medesima parola, a voler ribadire che davanti a Dio tutti gli uomini sono "stranieri". Per questo esisterebbe un solo modo di vivere in pace su questa terra: da straniero fra gli stranieri.
Moni Ovadia ci prova da tempo a trasmettere una filosofia di vita antica come il mondo attraverso strumenti altrettanto antichi e nobili: oltre alla preghiera e lo studio, anche il canto, la danza, la narrazione e perché no, l'umorismo.
L'umorismo, appunto.
Dice Ovadia che il primo vero umorista fu Abramo; Abramo avrebbe riso di cuore alla notizia di diventare padre alla sua veneranda età. E fu così divertito che chiamò suo figlio "Isacco", che significa appunto "colui che ride".

Il ridere ebraico affonda le sue radici lontano, nelle origini della Sacra Scrittura, in quell'Annunciazione biblica tenuta generalmente in minor conto di quella cristiana e che pure svolge un ruolo fondamentale nella formazione dell'identità ebraica. L'arcangelo annuncia ad Abramo ultracentenario che avrà un figlio da sua moglie Sara ultranovantenne e già sterile nei suoi anni fecondi. Abramo ride, e Sara, che ha udito da lontano, ride anche lei. L'arcangelo le fa notare la sua impertinenza. Sara nega di aver riso, ma l'arcangelo ribadisce: "No! Tu hai riso!". Ho sempre immaginato con malizioso piacere il riso dell'Eterno quando vede l'espressione di Sara e di Abramo di fronte a questa impossibile gravidanza. Comunque l'Eterno chiederà che questo figlio del miracolo abbia nome Hzkak (Isacco), che significa "colui che ride". Il figlio del grande "traghettatore" il quale darà discendenza alla stirpe di Israele ha il riso nel nome e, considerando che il nome salda l'anima al corpo dell'essere umano, non è difficile capire la centralità del ridere nel pensiero ebraico. L'umorismo degli ebrei che dalla Torah e dal Talmud, attraverso i maestri del Khassidismo, scende nel letz e nel badkhen, mitici giullari e buffoni del mondo ebraico creatori del witz, arriva fino a noi con i grandi comedians della Mitteleuropa e d'oltreoceano. Questo umorismo è un bagliore filosofico che illumina le insolubili contraddizioni dell'esistenza attraverso un vertiginoso meccanismo autodelatorio, è la critica della ragion paradossale che spiazza la violenza e sfibra il pregiudizio.
("Divertiti Roberto, da oggi sei ebreo honoris causa", di Moni Ovadia, Il Corriere della sera, 19/12/2007)

Moni Ovadia nasce a Plovdiv, in Bulgaria nel 1946, ma si trasferisce quasi subito con la famiglia a Milano. La sua è una famiglia di ascendenza ebraica sefardita, ma di fatto impiantata da molti anni in ambiente di cultura yiddish e mitteleuropea. Questa circostanza influenza profondamente tutta la sua opera di uomo e di artista, dedito costantemente al recupero e alla rielaborazione del patrimonio artistico, letterario, religioso e musicale degli ebrei dell'Europa orientale.
La grande svolta è lo spettacolo Oylem Goylem ("Il mondo è scemo", in lingua yiddish), con cui si impone all'attenzione del grande pubblico. Lo spettacolo fonde abilmente musica klezmer, che Ovadia canta con voce profonda e appassionata, a riflessioni condotte alla luce della cultura e del witz, il tradizionale umorismo ebraico, a più leggere storielle e barzellette.
Moni Ovadia, oggi è considerato uno dei più prestigiosi e popolari uomini di cultura ed artisti della scena italiana, il suo teatro musicale ispirato alla cultura yiddish, che ha contribuito a far conoscere e di cui ha dato una lettura contemporanea è unico nel suo genere.

INFORMAZIONI E BIGLIETTI

Biglietti
Posti numerati: € 20 (più dir. prev.)
Posti non numerati: € 18 (più dir. prev.)

Prevendite: a Padova: Ufficio Turismo in Galleria Pedrocchi, Gabbia Dischi in via Dante,
Coin Ticketstore in via Zabarella, Alea al Centro; nel Veneto: Circuito Box Office (Tel. 041 2719090)

Per tutte le altre informazioni si rinvia a: Arena Romana Estate 2009. Cinema, teatro, musica