Scherzi di A. Cechov
Scherzi di A. Cechov
Appuntamento conclusivo della Stagione di Prosa 2009-2010 del Teatro Verdi.
Cherestani Produzioni-Zuzzurro e Gaspare
presentano
SCHERZI di Anton Cechov
con: Andrea Brambilla, Nino Formicola, Eleonora d'Urso
Regia: Massimo Chiesa
«Mai si deve mentire. L'arte ha questo di particolarmente grande: non tollera la menzogna... Volevo solo dire alla gente in tutta onestà : guardate, guardate come vivete male, in che maniera noiosa. L'importante è che le persone comprendano questo, se lo comprendono, inventeranno sicuramente una vita diversa e migliore. L'uomo diventerà migliore quando gli avremo mostrato com'è» (Anton Cechov)
Lo spettacolo si compone di quattro "scherzi": L'orso, La domanda di matrimonio, I danni del tabacco e Tragico controvoglia, scritti da Cechov tra il 1884 e il 1891, che si inseriscono nel genere musicale vaudeville.
Quattro atti unici, pieni di tagliente ironia e sagace critica al decadimento dei valori morali e intellettuali della società russa di fine ottocento. Zuzzurro e Gaspare vestono i panni dei protagonisti maschili di tutti e quattro gli atti unici: acciaccati, nevrotici e pieni di tic danno credibilità ai diversi personaggi; così come Eleonora D"Urso dà autorevolezza alle figure femminili. Le scenografie, tra un atto e l"altro, vengono cambiate a scenario aperto, creando così un continuum con le storie e le atmosfere cechoviane. I momenti più intensi vengono sottolineati con l'ausilio di un pianista, Giovanni Vitaletti, presenza fissa sul palcoscenico. Lo spettacolo scorre tra risate amare e riflessioni sulla vita, con testi molto fedeli all'originale, impreziositi continuamente da gag e gestualità proprie del duo.
L'orso
Una bella vedova risiede chiusa in casa da sette mesi a elaborare il lutto per la morte del marito. Le fa visita un giovane creditore che ormai smagato e disincantato ritiene di aver chiuso definitivamente col mondo femminile verso cui ha elaborato una personale (ma diffusissima ) teoria misogina, e s'impone di concentrarsi solamente sui rapporti di forza esigendo perentoriamente il proprio credito. In una serie di dialoghi leggeri e vaporosi da vaudeville, ma anche di fronte all'inattesa accettazione da parte di lei di una sfida a duello, che ne rivela grinta e animosità , il creditore senza scrupoli cade follemente innamorato della bella vedova.
La domanda di matrimonio
IvÍ n Vassilievic si reca in casa di Stefan Stefanevic a richiedere la mano della figlia Natasha Stefanovna. Uomo debole e nervoso IvÍ n non ha il coraggio di dichiararsi prontamente e nell'enumerare i propri beni al sole cita imprudentemente anche il Prato del bove. Apriti cielo!, sul prato Natasha ha le idee chiare: appartiene alla sua famiglia. Per niente al mondo, ribatte IvÍ n, uomo indeciso a tutto, ma disposto a scavare trincee di fronte alle "questioni di principio", che da sempre in questo mondo coincidono col denaro. Ma di "principio" in "principio" i due litigano ferocemente fino all'espulsione del giovane pretendente. Entra il padre e informa la figlia che la persona appena buttata fuori gli aveva chiesto poc'anzi la di lei mano. Contrordine, si richiama il giovane spasimante, che preso coraggio si dichiara; ma nel corso della successiva conversazione l'accento cade sui rispettivi cani sui cui meriti i due hanno idee totalmente divergenti. Ma questa volta tanto più futile è l'argomento che li vede contrapposti tanto più insanabile esplode il diverbio che li porterà alla definitiva separazione.
I danni del tabacco
E' un grande esempio di teatro comico, spinto al grottesco. Si ride di una tragedia. La tragedia di un uomo finito, perduto, schiacciato dalla vita, e ossessionato dalla moglie, che lo costringe a vivere senza libertà . La schiavitù di un essere solo e inutile, che piange e ride di disperazione. Un naufrago della vita, una vita mai vissuta e soffocata, privata dei sentimenti più profondi che qualsiasi uomo ha bisogno vivere. Il suo bisogno disperato di libertà , da sempre soffocato dalle necessità quotidiane, esplode in una tragicomica confessione in cui egli mette a nudo le sue miserie davanti ad un pubblico che, impietosamente quanto inevitabilmente, riderà di lui. Il "fantoccio" del suo essere si muove sotto una luce che lo accompagna nel buio della sua vita, senza conforto esistenziale e l'ironia veste il personaggio molto più del suo ridicolo frac.
Tragico controvoglia
Narra di un povero impiegato che, oberato di commissioni da amici e parenti, fa la spola continuamente tra la propria città ed il luogo di villeggiatura.
Per ulteriori informazioni si rinvia a: Teatro Verdi. Stagione di Prosa 2009-2010