Michele Polga Quartet

Michele Polga Quartet

Nel proggeto "Movin' House" Michele Polga mostra il suo talento e la sua musicalità  grazie alla grande proprietà  di fraseggio e alla consistenza dei suoi soli. Il sassofonista vicentino si distingue fra i giovani talenti del Jazz italiano proprio per essere totalmente calato nella migliore tradizione interpretativa del jazz moderno, per l'alto livello del suo solismo e per la bontà  delle sue composizioni che lo pongono nella ristretta schiera di coloro che hanno studiato e maturato in profondità  il linguaggio e che iniziano a dispiegare il loro consistente talento e maturare una loro personalità  musicale d'alto livello.

E' il primo progetto musicale di Michele Polga come leader e per l'occasione il sassofonista ha scelto con cura la sezione ritmica. I tre musicisti che la compongono hanno assimilato profondamente il linguaggio del Jazz della tradizione, ma hanno sviluppato un modo tutto personale di esternarlo nella loro estetica musicale. La particolare raffinatezza del pianismo di Marcello Tonolo lega perfettamente con il "drive" propulsivo di Marc Abrams e di Walter Paoli. Il sound di questa sezione ritmica è la giusta espressione della musica che Michele Polga ha in mente. Il repertorio del quartetto, che si può definire "modern mainstream" è composto da brani originali ed arrangiamenti di standard jazz.


Michele Polga - sassofoni
Marcello Tonolo - pianoforte
Marc Abrams - contrabbasso
Walter Paoli - batteria

Tara Bouman

Tara Bouman

Tara Bouman ha studiato clarinetto ad Amsterdam con Piet Honingh e Suzanne Stephens.
Il suo repertorio è particolarmente dedicato alla musica contemporanea e di improvvisazione: suona con ASKO Ensemble, Ensemble Musikfabrik, Trio European Wind e come solista con la London Sinfonietta ed è interprete di musiche di Karlheinz Stockhausen (Harlekin, Tierkreis, Mission e Himmelfahrt), Pierre Boulez (Dialogue de l'ombre double), Isabel Mundry, György Kurtag, Roderik de Man, Hans Koolmees, Georges Aperghis.

Con Markus Stockhausen forma il Duo Moving Sounds.Con il percussionista Stefan Froleyks ha composto la musica per "Rats live on no evil star", un brano per la poetessa Anne Sexton.
La sua attività  concertistica, l"€™ha portata in molti Paesi europei, in Messico e negli Stati Uniti
Tara Bouman vive e lavora in Germania.
Nell"€™ autunno 2003 ha inciso il suo primo CD di musica contemporanea Contemporary (edito da Kölner Label Aktivraum in collaborazione con Deutschland Radio Il suo secondo CD Thinking About è inciso in duo con Markus Stockhausen.

Stefano Scodanibbio

Stefano Scodanibbio

Stefano Scodanibbio, contrabbassista e compositore.
Il suo nome è legato alla rinascita del contrabbasso, negli anni '80 e '90 ha infatti suonato nei maggiori festival di musica contemporanea numerosi pezzi scritti appositamente per lui da compositori quali Bussotti, Donatoni, Estrada, Ferneyhough, Frith, Globokar, Sciarrino, Xenakis.
Nel 1987, a Roma, ha tenuto una maratona di 4 ore non-stop suonando 28 brani per contrabbasso solo di 25 autori.



Ha collaborato a lungo con Luigi Nono ("arco mobile Í  la Stefano Scodanibbio" è scritto nella partitura del Prometeo) e Giacinto Scelsi.
John Cage, in una delle sue ultime interviste, ha detto di lui :
"Stefano Scodanibbio is amazing, I haven't heard better double bass playing than Scodanibbio's. I was just amazed. And I think everyone who heard him was amazed. He is really extraordinary. His performance was absolutely magic".
Suona regolarmente in duo con Rohan de Saram e Markus Stockhausen.
Nel 1996 è stato insegnante di contrabbasso ai Darmstadt Ferienkurse.
Attivo come compositore ha scritto più di 40 lavori principalmente per strumenti ad arco (Sei Studi per contrabbasso solo, Six Duos per tutte le combinazioni dei quattro archi, Concerto per contrabbasso, archi e percussioni, 3 Quartetti, ecc.) e per tre volte le sue composizioni sono state selezionate dalla SIMC, Società  Internazionale di Musica Contemporanea (Oslo 1990, Città  del Messico 1993, Hong Kong 2002).
Ha registrato per Montaigne Auvidis, col legno, New Albion, Dischi di Angelica, Ricordi.
Di particolare rilievo le sue collaborazioni con Terry Riley e con Edoardo Sanguineti.
Nel 1983 ha fondato e da allora dirige la Rassegna di Nuova Musica di Macerata

Articoli riguardanti lo spettacolo teatrale "Giulietta"

Articoli riguardanti lo spettacolo teatrale "Giulietta"

Di seguito una serie di articoli di presentazione dello spettacolo teatrale "Giulietta", di Federico Fellini, nell'adattamento di Vitaliano Trevisan, per lo spettacolo di Valter Malosti con Michela Cescon. Gli articoli sono di Rodolfo Di Gianmarco (La Repubblica), Osvaldo Guerrieri (La Stampa) e Renato Palazzi (Il Sole 24 Ore).

A Beckett e Fellini con un Clownesco Monologo

Acuto omaggio alla poetica felliniana di Giulietta degli spiriti e all'astrazione umanissima della Masina, l'odierno spettacolo di Valter Malosti Giulietta evoca d'intuito assonanze con la Winnie di Giorni felici di Beckett nel rifarsi al racconto-monologo di Fellini che fu il trattamento d'una sceneggiatura poi più macchinosa, e realizza un exploit di rara bellezza e captante senso facendo leva su un'ora e mezza di assolo d'una eccezionale Michela Cescon cui Vitaliano Trevisan, già  con lei nel film di Garrone Primo amore, ha fornito un adattamento di incisivi ritmi. A proferire l'infantile, psicanalitica e poi cosciente partitura (qualche taglio, e poche parole in più, vedi il concetto "piacere a se stessi") d'una signora che rivede le sue idee dopo la scoperta del tradimento del marito, è una gioviale e un po' clownesca chiacchierona ancorata dall'inizio alla fine a un enorme gonna, sorta di chapiteau-monticello, posizione che fa scorgere di lei solo il busto con relativo corsetto in tono con la calotta. Nella scena di Baroni la attorniano, come spiriti, le metafisiche marionette di Busso, e le musiche di Nino Rota cui s'alternano i motivi originali di D'Aquila. Pensate entrambe negli anni '60, tutte e due borghesi, Giulietta e Winnie si fondono straordinariamente nell'arte delle acrobazie da fermi per quisquilie di gioventù, sedute medianiche, estasi sante e abbandoni profani culminanti in emancipazioni aeree. E la gonna si dilata a mongolfiera. E Michela Cescon è una lezione di luce e di voce nella terra desolata delle culture senza emozioni.
Rodolfo Di Giammarco, "La Repubblica", 29 marzo 2004


Giulietta è uno spirito buffo che ricorda i suoi "Giorni felici", la Cescon e le sue snodature da marionetta nell'applaudito spettacolo di Malosti

E bravo Malosti. Questo suo portare in scena "Giulietta (degli spiriti)" poteva essere una drittata, un modo di approfittare del decennale della morte di Giulietta Masina e della ininterrotta nostalgia per Federico Fellini, per insinuarsi "en voleur" nelle suggestioni di uno dei loro film più noti, più amati, più simbolici. Invece non è così. Lontano da ogni tentazione parassitaria, Malosti ha messo in scena questo frammento onirico e magico con lo stupore e la minuziosità  indagatrice di chi, aperta una porta, si trovi dinanzi a un paesaggio sconosciuto. Lavorando sul trattamento di "Giulietta", ossia sullo scritto narrativo che precede la sceneggiatura del film, Malosti e il suo ottimo adattatore Vitaliano Trevisan hanno dato vita a un mondo originale che, se proprio ha dei debiti, li ha, chiarissimi e quasi gridati, nei confronti di Beckett e di Kleist: il Beckett di "Giorni felici" e il Kleist che affida alle marionette il compito di sublimare l'interiorità  umana.
Direte: che c'entra Beckett con Fellini? A parte il comune amore per il circo, niente. Però considerare Giulietta come Winnie, interrata fino alla cintola ma libera di parlare e sproloquiare, è un'ipotesi più che plausibile. Indica una costrizione della fisicità  a tutto vantaggio dell'iperattività  mentale. E difatti Giulietta, più che vivere, ricorda, fantastica, sogna, immagina. E' un folletto quasi immateriale preoccupato del diavolo nascosto nello specchio, affascinato dalle ombre richiamate dalle sedute spiritiche, legato alla memoria del nonno seduttore e mangiapreti, intimorito dal padre fascistone, rapito dalle visioni mistiche delle sante sulla graticola, eccetera. Sennonché Giulietta è sposata. Il che implica, o implicherebbe un rapporto concreto con la realtà , specie se il marito ha una relazione con un'altra donna, molto più bella e sensuale del clown mite che aspetta a casa. Ma i due mondi sono inconciliabili. Giulietta lo capisce e apre il gas. Finalmente è libera. Libera di volarsene col nonno su una mongolfiera. Addio.
Questa creatura immaginosa e buffa, capace di crearsi un'infinità  di vite complementari vissute con Casanova, con ammirate puttane, con mistiche inarrivabili, ha i tratti, i toni, le snodature marionettistiche di Michela Cescon, raramente così brava. Guardata da un coro immobile di marionette, l'attrice emerge col busto bendato da un cono che, con le sue trasparenze, sa trasformarsi in mappa della fantasia, della memoria, dell'inconscio. Ridotta nella parte visibile più a pupazzone clownesco che a donna, la Cescon "diventa" Giulietta, si consegna ai suoi spiriti come vivendo in un gioco infantile, col vocino tintinnante, con la rigidità  burattinesca, proiettandosi nel fantastico assoluto dove neppure i dolori sembrano veri.
Osvaldo Guerrieri, "La Stampa", 29 marzo 2004


Fellini diventa Beckettiano
Dotatissima attrice di teatro trionfalmente "scoperta" dal cinema, Michela Cescon ribadisce il proprio prepotente istinto teatrale attraverso un omaggio trasversale alla memoria cinematografica, nel segno di Federico Fellini e soprattutto di Giulietta Masina, celebrata per quello che fin dal titolo resta probabilmente il suo exploit più personale: il testo, adattato per la scena da Vitaliano Trevisan - che con la Cescon ha recitato in Primo amore - si rifÍ  al racconto di Fellini da cui nacque il "trattamento" di Giulietta degli spiriti, e che l'autore stesso scrisse in chiave di monologo. Sfrondata dell'esuberante immaginario felliniano, di cui il film fu un'espressione tra le più sfrenate - la prima, giova ricordarlo, che il regista concepì a colori - la trama di Giulietta si riduce al delirio autobiografico di una donna un po' oppressa dalla figura autoritaria paterna, maniaca di sedute spiritiche e assiduamente visitata da una folla di fantasmi personali: quando la scoperta del tradimento del marito le risveglia antichi sensi di colpa e ataviche visioni del peccato, saranno proprio queste ossessive apparizioni a guidarla in un allucinato viaggio interiore, al termine del quale troverà  una sua forma di liberazione. Per Valter Malosti la scelta di affrontare una simile proposta dev'essere stata tutt'uno con l'intuizione dell'immagine portante che ne diventa l'elemento decisivo: l'allestimento parte infatti da un'idea drammaturgia - Giulietta quale parente stretta di Winnie di "Giorni felici" - che si traduce di per sé in ingegnosa invenzione scenografica, la creazione di un estroso personaggio-costume, un'esile presenza femminile che spunta da un'enorme gonna, insieme montagnola beckettiana e chapiteau di un circo rovesciato, ma pronta anche trasformarsi nella mongolfiera su cui lei sogna infine di librarsi al di sopra dei propri turbamenti. Con questo raffinatissimo apparato metaforico la Cescon si misura, si confronta, si batte: sposta l'ampia propaggine di tela verso l'alto o verso il basso, la illumina suggestivamente dall'interno, muove alcune delle belle marionette che incarnano gli invisibili spiriti con cui dialoga. Ma quella lieve figuretta dal rigido corsetto e dalla bianca calottina neutra - un po' clown e un po bambina - lavora soprattutto su una ferrea partitura interpretativa, scandita dalle musiche di Nino Rota e dai motivi originali di Giovanni D'Aquila, lesta a moltiplicarsi in tante voci diverse, passando da stupori infantili a sinistri sussurri spettrali.
Renato Palazzi, "Il Sole 24 Ore", 28 marzo 2004

Giulietta

Giulietta

Giulietta è una struggente favola psicanalitica, una favola contemporanea dai toni mozartiani sull'identità  frammentata, sull'anima, raccontata con un tono vagamente infantile ed inquietante, una moderna Alice attraverso lo specchio, specchio con il quale si apre e si chiude lo spettacolo e il racconto felliniano. Ma Giulietta è anche una lunga e irridente seduta spiritica descritta da chi ci crede, anche, almeno un poco; eco delle frequentazioni di maghi, veggenti e spiritisti scovati da Fellini in quegli anni un po' in tutta l'Italia.

Giulietta
di Federico Fellini
adattamento Vitaliano Trevisan
(dal racconto "Giulietta" di Federico Fellini ed. Il melangolo)
uno spettacolo di Valter Malosti
con Michela Cescon

scene Paolo Baroni
luci Francesco Dell'Elba
costumi Patrizia Tirino
marionette Gianni Busso
musiche originali Giovanni D'Aquila
macchinista Elena Sala
organizzazione Federico Alossa, Elisa Bottero
ufficio stampa Lucia Angelici
consulenza organizzativa Paolo Ambrosino
musiche di Nino Rota e Fatboy Slim
foto di scena Tommaso Le Pera
supporti tecnici Colas

una produzione Teatro di Dioniso
in collaborazione con:
Piccolo Regio di torino
Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare

un progetto Residenza Multidisciplinare di Ivrea e del Canavese

si ringrazia il Teatro Petrella di Longiano

"...La donna è meravigliosa. La donna è l'universo. Forse questa è una concezione tantrica. La donna è la parte altrui dell'uomo, ma gli è superiore perché essa nasce adulta, antica..."
Fellini intervistato da Toni Maraini, in iMAGO appunti di un visionario, Semar, Roma 1994

E oltre alla parapsicologia, evidente in questo testo di Fellini è la sua vicinanza alla psicanalisi: un modo di convivere con i propri fantasmi che Fellini, dopo averlo maturato alla scuola junghiana di Ernest Bernhard, non abbandonò più.
Un circo, una pista da circo, in cui immagino Giulietta in qualche modo inchiodata, come una farfalla raccolta da un entomologo e li depositata. E intorno tutti i suoi fantasmi, gli spiriti, evocati dalla presenza di nude marionette e da una fittissima partitura di suono.
Un lavoro intimo, interiore.
Valter Malosti


Sto adattando un testo di Fellini, Giulietta. Perché non lo fai tu?
Ecco, é questo il vero inizio: Valter Malosti che rivolge all'autore una semplice domanda: Perché non lo fai tu? I pensieri precedenti vengono ora. Eppure, c'era qualcosa, un legame esterno: in fondo, avevo conosciuto il regista Malosti attraverso il cinema, avendo lavorato con Michela Cescon proprio a un film (Primo Amore, di Matteo Garrone), e ora, il cinema mi ritornava attraverso un uomo di teatro. Doveva esserci per forza qualcosa.
Il testo: Giulietta é l'unica opera narrativa di una certa consistenza pubblicata da Fellini, un'opera di cui lui stesso suggerì la stampa, in lingua tedesca, per l'editore svizzero Diogenes. Si tratta, ed é lecito crederlo anche alla luce delle parole di Fellini, della prima idea-soggetto di Giulietta degli Spiriti, un trattamento, tanto per usare un termine tecnico, ovvero la fase intermedia tra il soggetto e la sceneggiatura. Non si trattava dunque di lavorare su un prodotto finito, il film, ma su un semi-lavorato, il trattamento; e anzi, dal confronto con il film, che Fellini stesso riteneva non completamente riuscito, e con la sceneggiatura, il trattamento risulta vincente, più ricco, con una sua spiccata autonomia. Non solo, ben altre sono le suggestioni che questo testo contiene, le analogie che da esso scaturiscono. Giulietta e Giorni felici, per esempio, come mi ha suggerito Valter Malosti: tutte e due, Giulietta e Winnie, molto borghesi; lo specchio; le atmosfere simili; la solitudine, l'uomo presente nella sua assenza, il fuoco; e tutte e due le opere sono dei primi anni sessanta. E poi la vita, che entra sempre nelle opere, in questo caso la vita di Fellini, che, per la moglie Giulietta, crea un personaggio di nome Giulietta, con tutto ciò che ne consegue. Del resto, anche questo sembra inserirsi più in una tradizione letterario-teatrale che cinematografica (l'autore pensa qui al già  evocato Beckett, a Strindberg, a Pirandello, a Dannunzio, e rispettive signore; tutti testi piuttosto scomodi, da recitare ancor più che da scrivere - ma é un'opinione personale).
Sinossi: Giulietta é il resoconto, narrato in prima persona, della presa di coscienza di una donna. Giulietta é sposata, e, dopo diversi anni di matrimonio, é ancora perdutamente innamorata del marito. Per lei la vita scorre tranquilla, senza troppe preoccupazioni, fino a quando, in modo del tutto casuale, non viene a scoprire che il marito la tradisce. L'indagine sul tradimento del marito diventa un percorso interiore, popolato di spiriti, che porterà  Giulietta a ritrovare quella parte di sé che lei stessa aveva tradito.
Lo spettacolo: interrata, é così che immaginiamo la povera Giulietta, proprio come Winnie; ma non in un'informe massa di rifiuti, no, nella pista di un circo piuttosto, fuori solo col busto; intorno a lei delle marionette-spiriti; sentiremo anche molte voci: quella di Casanova, di Iris e di tutti gli altri spiriti; e la voce di Michela Cescon, che interpreterà  Giulietta. Cerchiamo di immaginare anche quella, anche se sappiamo che é difficile dato che, una volta in scena, essa finisce sempre per sorprenderci.
Vitaliano Trevisan

Leggi gli articoli pubblicati riguardo allo spettacolo.

Parlamento Chimico

Parlamento Chimico

Parlamento Chimico, Storie di Plastica, è uno spettacolo teatrale che racconta la storia di Porto Marghera, dei suoi drammi e delle complicità  della politica e dell'ingordigia di chi non ha esitato a condannare la Laguna per il profitto personale a scapito della salute e del benessere della comunità . Lo spettacolo ripercorre la storia del polo chimico raccogliendo le testimonianze di chi lì vive e ben conosce il dramma.





Parlamento Chimico
Storie di Plastica
testi composti da Francesco Niccolini e Marco Paolini
con Marco Paolini
assistenza tecnica Marco Busetto
organizzazione e distribuzione Michela Signori
produzione Jolefilm
con la collaborazione di Armunia Festival Costa degli Etruschi

hanno collaborato alle ricerche:
Daniela Basso, Carlo Cavriani, Giuseppe Cederna

si ringraziano:
Gianfranco Bettin, Daniele Del Giudice, Alfiero Farinea, Paolo Rabitti, Enzo Tiezzi, l'Associazione Gabriele Bortolozzo e quanti tra gli operai, i loro famigliari e i residenti nella zona di Porto Marghera che hanno offerto testimonianze preziose.

Porto Marghera: nascita, sviluppo, ascesa, crisi e morte del capitalismo italiano.
Ottanta anni, perché questa storia inizia nel 1917: mentre gli Italiani crollano a Caporetto, il conte Volpi di Misurata riesce ad ottenere i permessi per costruire il nuovo porto di Venezia, a Marghera appunto, sognando di rinnovare lo splendore dell'antica Venezia grazie alla nuova città , futurista, solo industrie, ciminiere e velocità .
In 40 anni Porto Marghera - avvalendosi di leggi fatte ad hoc, complicità , giochi di potere ed una buona dose di intelligenza mista ad incoscienza - diventa un grande polo industriale dove dal dopoguerra con l'istallazione degli impianti petrolchimici si sviluppano le più avanzate produzioni della chimica italiana.
Oggi i principali protagonisti di quella storia sono tutti morti o all'estero: saltati per aria, suicidati, sotto processo o morti di cancro.
Oggi Montedison ed Enichem, i fiori all'occhiello della storia dell'industria chimica italiana, vivono nell'aula bunker di Mestre un processo che rischia di essere epocale, perché deve assolvere o punire la colpa di strage e disastro ambientale, obbligando a fare quello che su questa scala non è mai successo: risarcire il danno e risanare l'intera Laguna. Una Laguna che la lungimiranza della Serenissima Repubblica ha preservato per secoli, facendo prevalere sempre il senso del bene comune contro il bene del singolo, ma che un solo secolo di ingordigia ha trasformato in una palude semi-interrata, dove le maree non riescono più ad alternarsi naturalmente e dove i pesci portano dentro di sé i segni del tempo: cloro, mercurio, fosfati, piombo, alluminio, diossine, e altre sostanze tossiche.
Ma quelle migliaia di operai e di famiglie che da ottant'anni guardano con fierezza ed orgoglio a quella fonte di lavoro, emersa dalle acque come Venere, ma più indispensabile di ogni dea della bellezza? Come difendere il lavoro e salvare polmoni e fegato? Come non spremere fino in fondo quello che un tempo fu il più prezioso dei beni della collettività ? E chi lo deve decidere, amministratori delegati azionari di maggioranza nuove holding merchant bank e bamboline russe che giocano a nascondino con i nomi e con i debiti?

Può il teatro raccontare questa storia?
Tre anni di ricerche, un laboratorio permanente aperto ad ingegneri, chimici, esperti di finanza, giornalisti, sociologi, scrittori, storici. Fra di essi Gianfranco Bettin, prosindaco di Mestre e scrittore, Daniele Del Giudice, scrittore veneziano, Paolo Rabitti, perito del Pubblico Ministero Felice Casson nel processo contro Enichem e Montedison, ingegnere ed urbanista. E un narratore, Marco Paolini, alla ricerca di forme possibili per questo racconto lungo un secolo.

Appunti Foresti

Appunti Foresti

Appunti Foresti

Appunti Foresti è il riallestimento de Il Milione quaderno veneziano, in una versione in cui l'evocazione scenica è affidata solo alla parola dell'attore, che si fa musica, scena, racconto. Un monologo che attraversa tutta la storia di Venezia, lontano dai suoi aspetti cartolineschi. Appunti Foresti è uno spettacolo di e con Marco Paolini.

Appunti Foresti
di e con Marco Paolini
collaborazione alla drammaturgia di Francesco Niccolini
assistenza tecnica Marco Busetto
organizzazione e distribuzione Michela Signori
produzione Jolefilm

Al centro dello spettacolo i tanti "naufragi della città . Naufragi dolci.
E' un po' da ridere: aerei che scivolano in Laguna, barche in secca per una marea più bassa del normale... Cormorani troppo pesanti per decollare, piccioni 'fatti', gabbiani monogami e più delicati dei cavallini di Murano.
E' in questo panorama quasi surreale che si disvela la mappa/racconto disegnata da Campagne, uomo di terraferma, in barca con Sambo, misterioso personaggio, ricco d'esperienza della città -isola e dei suoi mille anni, dai pali delle prime palafitte a quelli della conterminazione e che a tutt'oggi delimitano il territorio fatto di acqua e terra di Venezia, delicato oggetto d'amore di questo spettacolo, praticamente mai citato direttamente nel testo ma sempre presente, centimetro dopo centimetro, nella tela tessuta da Campagne, che si fa al tempo stesso Rustichello da Pisa e Marco Polo, nel tentativo di dettare e trascrivere storie ed orizzonti: isole, paesi, mercati, caravanserragli, dall'isola alla Cina, passando per Mestre, Marghera e tutto il Nord Est, diventando emblematicamente "terra delle villette", al di là  della Tangenziale e della linea Maginot dei Centri commerciali che separa Venezia dal resto del mondo.
Appunti Foresti, come prima Il Milione, è un intreccio di storie antiche e contemporanee, che segue arabeschi da tappeti orientali e strani personaggi: abusivi di terra e di mare, turisti di ogni parte del mondo, comitati antisfratti, le beghine di Venezia, più agguerrite di vecchi parà  e maro', nel tentativo di dar dignità  agli sforzi di chi ha deciso di continuare ad abitare nella città  più scomoda d'Italia.

Fabrizio Ottaviucci

Fabrizio Ottaviucci

Fabrizio Ottaviucci si è brillantemente diplomato in pianoforte sotto la guida della prof. P. Mariotti presso il Conservatorio di Pesaro dove ha studiato Composizione e Musica Elettronica con i maestri F. Razzi e W. Branchi.
Ha seguito corsi di perfezionamento con T. Vasary. Ha tenuto centinaia di concerti nelle più importanti città  d'Italia, Austria, Germania, Inghilterra e tournée negli USA, Canada, India.

Di particolare importanza la sua attività  nella musica contemporanea, nella quale ha collaborato con partners di grande prestigio quali R. De Saram, S. Scodanibbio, M. Caroli, M. Stockhausen,con il quale collabora intensamente dal 1986 anche nei repertori tradizionali. Ha studiato con i compositori G. Scelsi, F. Razzi, F.Mencherini, T.Tesei l'esecuzione delle loro opere pianistiche.
Attivo nella musica da camera in varie formazioni si esprime anche in repertori solistici classico-romantici con i quali ha ottenuto premi e segnalazioni in vari Concorsi nazionali ed europei soprattutto in virtù di una particolare tensione emozionale e comunicativa insita nell'interpretazione.
Attivo anche sul piano della sperimentazione e dell'improvvisazione; ha tenuto concerti con il jazzista Gary Peacock; ha registrato per la ECM Monaco, CMP Koln, AMIATA Firenze, SPLASH Milano, WISTERIA Amsterdam, AKTIVRAUM Koln e per le radio-televisioni italiana, tedesca, inglese, americana. Vive ad Assisi dove dirige il laboratorio di musica intuitiva.

Markus Stockhausen

Markus Stockhausen

Markus Stockhausen trombettista e compositore, nato a Colonia nel 1957, figlio di Karlheinz Stockhausen. All"€™età  di 4 anni è apparso nel ruolo di "€œbambino"€ nella pièce teatrale del padre "Originals". A 6 anni ha ricevuto le prime lezioni di pianoforte e a 12 ha iniziato a suonare la tromba. Dal 1974 al 1982 ha studiato alla Scuola Superiore di Musica di Colonia: pianoforte con Klaus Oldemeyer, e in seguito tromba classica e jazz con R.Platt e M.Schoof.

Ha proseguito gli studi con P. Thibaud, C.Caruso, T.Stevens e C.Groth.
Nel 1974 anche il suo debutto con il gruppo Key alla Newcomer Jazz Festival di Francoforte e nello stesso anno ha iniziato una intensa collaborazione con il padre.
Molti i brani per tromba scritti appositamente per lui e da lui eseguiti in prima mondiale: "Sirius" 1975-76 (con Aries 1977); "Donnerstag aus Licht" 1978-81 (specialmente le grandi parti solistiche di Examen, Michaels Reise um die Erde, Drachenkampf, Vision); "Samstag aus Licht" (Oberlippentanz 1984); "Dienstag aus Licht" (Invasion, Pietà  1990-92).
Concerti e festivals con l"€™Ensemble del padre lo hanno portato in tutto il mondo.
Svolge un"€™intensa attività  come solista,con numerose formazioni jazz e grande è il suo interesse per la musica contemporanea, per nuovi linguaggi di improvvisazione musicale, per la musica intuitiva che trascende tutti gli stili musicali. Ha fatto parte del Quintetto Key (1974-79), del Rainer Brà¼ninghaus Group (1980-84), ha suonato con Kairos (1985-90), Aparis (1989-96), Possible Worlds (1995) e in duo col contrabbassista Gary Peacock, con l"€™organista Margareta Hürholz (1991), il pianista Fabrizio Ottaviucci (1987), e con la sorella Majella.
Collabora con il fratello Simon Stockhausen, nell'€™elaborazione di importanti progetti musicali e nella composizione di musiche da film e teatro.
Una ricca discografia, documenta la sua intensa attività  (ECM, Stockhausen-Verlag, CMP, ACT); dal 1992 collabora con EMI Classics.
Markus Stockhausen tiene regolarmente corsi estivi per trombettisti, e dal 1996 insegna alla Scuola Superiore di Musica di Colonia.

Patrizio Farisello "Jazz Project" Trio

Patrizio Farisello "Jazz Project" Trio

Il Patrizio Farisello "Jazz Project" Trio si compone di Patrizio Fariselli al pianoforte, Paolino Dalla Porta al contrabbasso e Massimo Manzi alla batteria; rappresenta un trio di elevatissimo livello creativo cui sottende un pensiero compositivo/musicale specifico. "Acqua liquida" non è solo il titolo di una Suite che il gruppo esegue in concerto, ma anche la giusta immagine per definire il "suono" di questo trio: musica che fluisce fresca, traslucida, capace di spunti brillanti, di grande energia e suggestive affabulazioni; acqua allo stato liquido, condizione irrinunciabile per lo sviluppo e il mantenimento della vita nel cosmo, ciò che ha permesso l"€™evoluzione di strane creature come i musicisti di Jazz ed i loro ascoltatori. Musica vitale, perché un concerto Jazz degno di questo nome è, sia per i musicisti che per gli ascoltatori, un"€™esperienza unica ed irripetibile.

Patrizio Fariselli, pianoforte
Nato a Cesenatico nel 1951, inizia lo studio del pianoforte a quindici anni presso il conservatorio di Pesaro. La sua carriera è legata indissolubilmente al gruppo degli Area, da lui fondato nel 1972 assieme a Demetrio Stratos, Victor Edouard Busnello, Giulio Capiozzo, Patrick Djivas e Paolo Tofani. Dal 1981 si occupa attivamente di cinema e teatro scrivendo e realizzando musiche per numerosi film tra i quali: "Fox trap" di Fred Williamsons, "Era una notte buia e tempestosa", "Zitti e mosca", "Benvenuti in casa Gori", "Caino e Caino", "Belle al bar", "Ritorno a casa Gori", "Ivo il tardivo", "I miei più cari amici" e "Un colpo al cuore" di Alessandro Benvenuti. Per il teatro "Gli uccelli" di Aristofane regia di Memè Perlini, "Andy & Norman", "Sete" e "Piume" per Zuzzurro e Gaspare, "Colchide" di Walter Valeri per "Quelli di Grock". Realizza le musiche per i balletti: "Itineraire bis" per "Le ballets jazz-art" di Parigi e "Tristano e Isotta" coreografia di A. Amodio. Dal 1990 al 1995, dietro lo pseudonimo di "Il maestro Fariselli", realizza le musiche per "L'albero azzurro", trasmissione televisiva per bambini in età  prescolare. Nel "€™96 vince il ciak d'oro per la migliore colonna sonora per il film "Ivo il tardivo". Nel "€™97 vince il 1° premio per la musica del cartone animato "The horseman" di Michel Fuzellier al "Holland animation film festival" di Utrecht indetto da MTV. Mantiene una costante anche se non intensa attività  nell'ambito del jazz collaborando tra gli altri con: Steve Lacy, Alberto Borsari, Curtis Fuller, Howard Johnson, Art Farmer, ecc. Nel 2000 Fonda l'ensemble Patrizio Fariselli Project con cui registra due album.

Paolino Dalla Porta, contrabbasso
Nato a Mantova nel 1956, è attivo dal 1978 sulla scena jazzistica italiana, in cui ha suonato e collaborato con numerosi musicisti e gruppi nazionali ed internazionali, partecipando a varie rassegne e festival in tutto il mondo. Con lo spettacolo multimediale "Far Away Wave" (Elena Ledda, Lester Bowie, Sandro Satta, ecc.), ha compiuto una tournée in Australia nel 1988, suonando a Sydney, Melbourne e Brisbane ed un tour negli USA nell'89, suonando al Symphony Space Theatre di New York e al World Festival di Atlanta. Nel 1995, con il quintetto di Alain Brunet, ha compiuto un tour nella Polinesia francese. Dal 1988 è anche leader di un quartetto (con Antonello Salis, Riccardo Luppi e Massimo Manzi), per il quale compone brani originali. Dal 1993 è docente di contrabbasso e musica d'insieme presso i corsi di perfezionamento musicale di Siena Jazz.

Massimo Manzi, batteria
Nato a Roma nel 1956, è considerato da tempo uno dei migliori batteristi Jazz europei. La lunga serie delle sue collaborazioni concertistiche e discografiche (oltre quaranta CD) comprende importanti musicisti come: Enrico Rava, Lee Konitz, Renato Sellani, Maurizio Giammarco, Bruno e Giovanni Tommaso, Eddie Henderson, Benny Golson, Massimo Moriconi, Patrizio Fariselli, Marco Tamburini, Tommaso Lama, Franco D'Andrea, Gianluigi Trovesi, Antonello Salis, Jerry Bergonzi, Tiziana Ghiglioni, Gianni Basso, Phil Woods, Ares Tavolazzi, Fred Bongusto, Gloria Gaynor, Danilo Rea, Ray Mantilla, Mick Goodrick, Paolo Fresu, Tino Tracanna, Paolo Birro, Gianluca Petrella, Andrea Pozza, Achille Succi, Ralph Alessi, Andrea Dulbecco, Furio Di Castri, Richard Galliano (col quale nel '99 suona anche al "Blue Note" di Tokyo), Ian Anderson e molti altri.
Nel 2000 pubblica per la "WIDE" un CD a suo nome, "Quasi Sera", ben accolto dal pubblico e dalla critica, dove suona, tra gli altri, con Fabrizio Bosso e Paolo Di Sabatino. La sua intensa attività  professionale è completata da quella didattica, comprendente i seminari estivi di Siena Jazz ed il "Corso Sperimentale" tenuto al Conservatorio di Bologna.

Pagine

L M M G V S D
 
 
1
 
2
 
3
 
4
 
5
 
6
 
7
 
8
 
9
 
10
 
11
 
12
 
13
 
14
 
15
 
16
 
17
 
18
 
19
 
20
 
21
 
22
 
23
 
24
 
25
 
26
 
27
 
28
 
29
 
30
 
31
 
 
 

Condividi su:

youreporter