Trapist

Trapist

Trapist

"€œSe Morton Feldman, John Cage e David Tudor avessero formato una rock-band, suonerebbe più o meno come Trapist"€. E"€™ divertente questa intuizione di Peter Marsh (Bbc) per definire ciò che evidentemente sfugge alle etichette.
Si pensa dunque a una miscela di improvvisazione quieta, commentata da rielaborazioni elettroniche, ma anche ad un minimalismo rock.

Trapist è in vita dal 2000 e sintetizza tutta una serie di sperimentazioni realizzate dalla scena viennese negli ultimi tempi. Una scena vivacissima, aperta a molteplici interscambi sonori, che punta soprattutto a valorizzare il rapporto tra acustica ed elettronica.
Martin Brandlmayr eredita il linguaggio percussivo di scuola nord-europea, dandone un"€™interpretazione molto personale, come dimostra anche la sua attività  nel trio Radian.
Martin Siewert suona sia la chitarra acustica che elettrica, influenzato sia dal folk americano (vedi John Fahey) che dalla psichedelia britannica, fino a condividere la radicalità  degli improvvisatori contemporanei: egli ha infatti collaborato, tra gli altri, con Wayne Horvitz, Ken Vandermark, Elliott Sharp, Christian Fennesz, Tony Buck.
Joe Williamson, canadese di Vancouver, dopo aver studiato a Montreal si è trasferito in Europa nel 1992, frequentando Amsterdam, Berlino, Londra e accumulando una serie di collaborazioni con musicisti come Han Bennink, Ab Baars, Evan Parker, Peggy Lee, Jon Rose ecc.
Il dialogo paritario tra strumenti acustici e manipolazione elettronica in tempo reale è il tratto distintivo di Trapist, che si distinguono da esperienze affini in virtù di una nuova sensibilità , di un"€™inedita capacità  di mettere in comunicazione suoni distanti tra loro.
C"€™è un attenzione particolare per la dimensione "€œspaziale"€ delle esposizioni sonore, che suggerisce un flusso lento e visionario del processo improvvisativo, dove improvvisi "€œscarti"€ poetici fanno breccia e animano il suo montaggio progressivo.

Martin Siewert, chitarre, elettronica
Martin Brandlmayr, percussioni, elettronica
Joe Williamson, basso

Trapist

Trapist

Trapist

"€œSe Morton Feldman, John Cage e David Tudor avessero formato una rock-band, suonerebbe più o meno come Trapist"€. E"€™ divertente questa intuizione di Peter Marsh (Bbc) per definire ciò che evidentemente sfugge alle etichette.
Si pensa dunque a una miscela di improvvisazione quieta, commentata da rielaborazioni elettroniche, ma anche ad un minimalismo rock.

Trapist è in vita dal 2000 e sintetizza tutta una serie di sperimentazioni realizzate dalla scena viennese negli ultimi tempi. Una scena vivacissima, aperta a molteplici interscambi sonori, che punta soprattutto a valorizzare il rapporto tra acustica ed elettronica.
Martin Brandlmayr eredita il linguaggio percussivo di scuola nord-europea, dandone un"€™interpretazione molto personale, come dimostra anche la sua attività  nel trio Radian.
Martin Siewert suona sia la chitarra acustica che elettrica, influenzato sia dal folk americano (vedi John Fahey) che dalla psichedelia britannica, fino a condividere la radicalità  degli improvvisatori contemporanei: egli ha infatti collaborato, tra gli altri, con Wayne Horvitz, Ken Vandermark, Elliott Sharp, Christian Fennesz, Tony Buck.
Joe Williamson, canadese di Vancouver, dopo aver studiato a Montreal si è trasferito in Europa nel 1992, frequentando Amsterdam, Berlino, Londra e accumulando una serie di collaborazioni con musicisti come Han Bennink, Ab Baars, Evan Parker, Peggy Lee, Jon Rose ecc.
Il dialogo paritario tra strumenti acustici e manipolazione elettronica in tempo reale è il tratto distintivo di Trapist, che si distinguono da esperienze affini in virtù di una nuova sensibilità , di un"€™inedita capacità  di mettere in comunicazione suoni distanti tra loro.
C"€™è un attenzione particolare per la dimensione "€œspaziale"€ delle esposizioni sonore, che suggerisce un flusso lento e visionario del processo improvvisativo, dove improvvisi "€œscarti"€ poetici fanno breccia e animano il suo montaggio progressivo.

Martin Siewert, chitarre, elettronica
Martin Brandlmayr, percussioni, elettronica
Joe Williamson, basso

Annette Peacock

Annette Peacock

Straordinario personaggio, Annette Peacock nella sua lunga carriera è stata capace di mettere assieme in un unicum artistico le più diverse collaborazioni e frequentazioni: da Charles Mingus a Allen Ginsberg, da Robert Moog a Salvador Dalì, da David Bowie a Brian Eno, e a preservare un"€™indipendenza espressiva intransigente, prima a contatto con il jazz radicale, poi con la forma canzone declinata in maniera eccentrica.

Se l"€™espressione "€œcult-artist"€ ha un senso, questa si attaglia perfettamente alla figura di Annette Peacock. Pianista e cantante, originaria di Brooklyn, ma cresciuta in California, Annette inizia fin dall'età  di cinque anni la sua avventura con la musica, approfittando del pianoforte incustodito nelle molte sere in cui sua madre, musicista classica, era fuori di casa per lavoro. Donna di raffinata intelligenza e di precoce talento, si diploma due anni in anticipo, e sul punto di avviare una brillante carriera d'attrice, abbandona Los Angeles per raggiungere Millbrook, New York, fucina di quella cultura pre-psichedelica che sviluppatasi subito dopo costituirà  il credo giovanile per tutti gli anni '60. A Millbrook conosce personaggi come Charles Mingus ed Allen Ginsberg, ed assorbe dal movimento passioni estile di vita fino alle estreme conseguenze, al punto di decidere di ripudiarlo. Diventa invece interprete di uno stile di vita ligio e morigerato che segue ancora oggi. Annette diventa amica del musicista Albert Layer, al cui gruppo si aggrega, e così conosce e sposa colui che ne diverrà  il bassista, Gary Peacock. Robert Moog le procura uno dei primi sintetizzatori modulari, con cui Annette sperimenta sonorità  inedite insieme a Paul Bley, che nel frattempo ha sostituito Peacock come compagno di vita. Annette e Paul realizzano "€œThe Synthesizer Show"€, caotico e irriverente spettacolo noise, precursore di tante performances affini dei nostri giorni. I due sono aiutati dal batterista Han Bennink nell'€™incisione di "€œImprovisie"€. In quel periodo Paul Bley interpreta soltanto brani di Annette. In seguito Annette è attratta da forme sonore più semplici, si dedica alla composizione di pezzi etichettati come "€œfree songs"€. Dopo la rottura con Paul Bley inizia una carriera solista portata avanti con discontinuità . Memorabile il suo primo album "€œI"€™m The One"€, avanzata fusione di stili in anticipo sui tempi. Nel 1973 rifiuta un"€™offerta di collaborazione avanzata da David Bowie. Preferisce mantenere il controllo delle sue produzioni, trovando nel frattempo il tempo di collezionare una prestigiosa collaborazione con Salvador Dalì, come prima attrice olografica ad un gallery show. La metà  degli anni 70 la vede in Inghilterra, Brian Eno le si offre come produttore, senza successo. Annette fonda invece una propria etichetta discografica, la Ironic Records, e approfondisce il suo stile melodico così anomalo e indefinibile, documentato in album come "€œSky-Skating"€, "€œBeen In The Streets Too Long"€, "€œI Have No Feelings"€, "€œAbstract-Contact"€. In precedenza c"€™erano stati "€œX-Dreams. e "€œThe Perfect Release"€. Collabora nel frattempo con Mick Ronson, Bill Bruford, Carla Bley, Jack Bruce. Torna negli Usa nel 1988, vive in campagna, appartata rispetto alla scena musicale. Negli anni 90 esce un album in cui i suoi ex partner, Gary Peacock e Paul Bley, insieme al trombettista Franz Koglmann, interpretano esclusivamente il suo repertorio ("€œAnnette"€, hat Art). Così come farà  il trio Marilyn Crispell-Gary Peacock-Paul Motian nel doppio cd ECM "€œNothing Ever Was, Anyway"€. Annette Peacock torna in studio nel 2000 realizzando un progetto per voce, pianoforte e quartetto d"€™archi (il Cikada String Quartet), "€œAn Acrobat"€™s Heart"€ (ECM).

Annette Peacock

Annette Peacock

Straordinario personaggio, Annette Peacock nella sua lunga carriera è stata capace di mettere assieme in un unicum artistico le più diverse collaborazioni e frequentazioni: da Charles Mingus a Allen Ginsberg, da Robert Moog a Salvador Dalì, da David Bowie a Brian Eno, e a preservare un"€™indipendenza espressiva intransigente, prima a contatto con il jazz radicale, poi con la forma canzone declinata in maniera eccentrica.

Se l"€™espressione "€œcult-artist"€ ha un senso, questa si attaglia perfettamente alla figura di Annette Peacock. Pianista e cantante, originaria di Brooklyn, ma cresciuta in California, Annette inizia fin dall'età  di cinque anni la sua avventura con la musica, approfittando del pianoforte incustodito nelle molte sere in cui sua madre, musicista classica, era fuori di casa per lavoro. Donna di raffinata intelligenza e di precoce talento, si diploma due anni in anticipo, e sul punto di avviare una brillante carriera d'attrice, abbandona Los Angeles per raggiungere Millbrook, New York, fucina di quella cultura pre-psichedelica che sviluppatasi subito dopo costituirà  il credo giovanile per tutti gli anni '60. A Millbrook conosce personaggi come Charles Mingus ed Allen Ginsberg, ed assorbe dal movimento passioni estile di vita fino alle estreme conseguenze, al punto di decidere di ripudiarlo. Diventa invece interprete di uno stile di vita ligio e morigerato che segue ancora oggi. Annette diventa amica del musicista Albert Layer, al cui gruppo si aggrega, e così conosce e sposa colui che ne diverrà  il bassista, Gary Peacock. Robert Moog le procura uno dei primi sintetizzatori modulari, con cui Annette sperimenta sonorità  inedite insieme a Paul Bley, che nel frattempo ha sostituito Peacock come compagno di vita. Annette e Paul realizzano "€œThe Synthesizer Show"€, caotico e irriverente spettacolo noise, precursore di tante performances affini dei nostri giorni. I due sono aiutati dal batterista Han Bennink nell'€™incisione di "€œImprovisie"€. In quel periodo Paul Bley interpreta soltanto brani di Annette. In seguito Annette è attratta da forme sonore più semplici, si dedica alla composizione di pezzi etichettati come "€œfree songs"€. Dopo la rottura con Paul Bley inizia una carriera solista portata avanti con discontinuità . Memorabile il suo primo album "€œI"€™m The One"€, avanzata fusione di stili in anticipo sui tempi. Nel 1973 rifiuta un"€™offerta di collaborazione avanzata da David Bowie. Preferisce mantenere il controllo delle sue produzioni, trovando nel frattempo il tempo di collezionare una prestigiosa collaborazione con Salvador Dalì, come prima attrice olografica ad un gallery show. La metà  degli anni 70 la vede in Inghilterra, Brian Eno le si offre come produttore, senza successo. Annette fonda invece una propria etichetta discografica, la Ironic Records, e approfondisce il suo stile melodico così anomalo e indefinibile, documentato in album come "€œSky-Skating"€, "€œBeen In The Streets Too Long"€, "€œI Have No Feelings"€, "€œAbstract-Contact"€. In precedenza c"€™erano stati "€œX-Dreams. e "€œThe Perfect Release"€. Collabora nel frattempo con Mick Ronson, Bill Bruford, Carla Bley, Jack Bruce. Torna negli Usa nel 1988, vive in campagna, appartata rispetto alla scena musicale. Negli anni 90 esce un album in cui i suoi ex partner, Gary Peacock e Paul Bley, insieme al trombettista Franz Koglmann, interpretano esclusivamente il suo repertorio ("€œAnnette"€, hat Art). Così come farà  il trio Marilyn Crispell-Gary Peacock-Paul Motian nel doppio cd ECM "€œNothing Ever Was, Anyway"€. Annette Peacock torna in studio nel 2000 realizzando un progetto per voce, pianoforte e quartetto d"€™archi (il Cikada String Quartet), "€œAn Acrobat"€™s Heart"€ (ECM).

Luigi Martinale Trio

Luigi Martinale Trio

Luigi Martinale Trio

Luigi Martinale è un giovane pianista che già  si è saputo distinguere con lavori di ricco spessore e presenta il suo ultimo CD "Sweet Marta", prima esperienza in trio. Ad interpretare brano per brano lo spirito che il piano di Martinale ha voluto infondere in Sweet Marta ci sono Paolo Franciscone alla batteria e Drew Gress al contrabbasso, che vanta collaborazioni eccellenti tra gli altri con Dave Douglas e Joe Lovano.

Sweet Marta è un lavoro con una sonorità  compatta, equilibrata, che, nell'armonia che lega gli undici brani dell'album, chiaramente evidenzia una precisa scelta stilistica. Sarebbe praticamente inutile riconoscere uno a uno i "debiti" di Martinale nei confronti dei "maestri" del trio pianistico da Bud Powell a Keith Jarrett, perché Sweet Marta, piuttosto che indicare un singolo ispiratore, rende omaggio alla tradizione di questa formazione jazz esprimendone in pieno la classicità .
Tuttavia, Martinale riesce esemplarmente a sintetizzare la grande tradizione del trio pianistico con un senso della melodia tipicamente italiano; non ne è prova solamente la riesumazione de Il primo pensiero d'amore di Cherubini, ma l'intero album gioca con melodie di nostalgica leggerezza.

Luigi Martinale - pianoforte
Drew Gress - contrabbasso
Paolo Franciscone - batteria

Luigi Martinale Trio

Luigi Martinale Trio

Luigi Martinale Trio

Luigi Martinale è un giovane pianista che già  si è saputo distinguere con lavori di ricco spessore e presenta il suo ultimo CD "Sweet Marta", prima esperienza in trio. Ad interpretare brano per brano lo spirito che il piano di Martinale ha voluto infondere in Sweet Marta ci sono Paolo Franciscone alla batteria e Drew Gress al contrabbasso, che vanta collaborazioni eccellenti tra gli altri con Dave Douglas e Joe Lovano.

Sweet Marta è un lavoro con una sonorità  compatta, equilibrata, che, nell'armonia che lega gli undici brani dell'album, chiaramente evidenzia una precisa scelta stilistica. Sarebbe praticamente inutile riconoscere uno a uno i "debiti" di Martinale nei confronti dei "maestri" del trio pianistico da Bud Powell a Keith Jarrett, perché Sweet Marta, piuttosto che indicare un singolo ispiratore, rende omaggio alla tradizione di questa formazione jazz esprimendone in pieno la classicità .
Tuttavia, Martinale riesce esemplarmente a sintetizzare la grande tradizione del trio pianistico con un senso della melodia tipicamente italiano; non ne è prova solamente la riesumazione de Il primo pensiero d'amore di Cherubini, ma l'intero album gioca con melodie di nostalgica leggerezza.

Luigi Martinale - pianoforte
Drew Gress - contrabbasso
Paolo Franciscone - batteria

Victor Ullate e il Victor Ullate Ballet

Victor Ullate e il Victor Ullate Ballet

Nato a Saragozza, inizia gli studi di balletto classico sotto la guida di Maria de Avila. Notato - appena quindicenne - da Antonio Ruiz Soler, danza nella sua compagnia per quattro anni. In seguito, grazie a Maurice Béjart, entra a far parte del Ballet du XXème Siècle dove resterà  dal 1964 al 1980 e nel quale interpreta subito ruoli importanti.

Balla infatti in "Romeo e Giulietta" (1966), "Né fiori né corone" (1967), "Actus tragicus - Cantata 51" (1969), "Offrande chorégraphique" e "L'uccello di fuoco" (1970), "Nijinsky, clown de Dieu" (1971), "Per la dolce memoria di quel giorno" (1974, dai "Trionfi" del Petrarca), e in altri balletti tra cui i riallestimenti della "Sacre du Printemps". In più occasioni, oltre che interprete, è anche coreografo dei suoi ruoli. Un successo continuo che raggiunge l'apice nel 1978 quando Béjart - che considera Victor Ullate "uno dei suoi ballerini più completi" - crea appositamente per lui il balletto "Gaité parisienne", basato sulla propria biografia, dove l'artista interpreta il ruolo dello stesso Béjart.
Nel 1979 il Ministero della Cultura spagnolo gli affida la formazione di una compagnia classica, il Ballet Clasico Nacional. Per quattro anni Ullate dirige la compagnia.
Nel 1983 porta a termine il suo incarico e fonda una scuola privata di danza, dove crea giovani ballerini; con un gruppo di questi partecipa per due anni ad un programma di danza per bambini trasmesso dalla Televisione spagnola. La stampa dà  rilievo a questa iniziativa così il Ministero della Cultura propone a Ullate di coordinare un gemellaggio culturale con la Cina.
Il 28 Aprile 1988 al Teatro Arriaga di Bilbao la Compagnia fa il suo debutto riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica.
In Spagna sono sempre esistite piccole compagnie di danza ma è la prima volta che una Compagnia privata mantiene collaboratori artistici, tecnici ed amministrativi con continuità . La Compagnia e la Scuola sono due elementi strettamente legati.
Dal 1988 al 1996 la Compagnia gode del sostegno del Ministero della Cultura e nel 1997 viene nominata Ballet de la Comunidad de Madrid.
Attualmente la Compagnia è composta da 50 ballerini per un totale di 64 persone fisse e 10 collaboratori esterni.
Il bilancio dopo i primi 10 anni è straordinariamente positivo: il prestigio della Compagnia si è consolidato sia in ambito nazionale che internazionale.
La Compagnia ha un repertorio molto ampio e differenziato che va dallo stile classico a quello contemporaneo oltre naturalmente alle coreografie create da Victor Ullate. In particolare alcune di queste hanno segnato delle tappe importanti per la compagnia:
"€œArraygo"€ con la quale è iniziato un nuovo movimento.
"€œArrayan Daraya"€ che ha conquistato il mercato straniero.
"€œEl Amor brujo"€ che ha ottenuto il maggior successo d"€™incassi.
"€œGiselle"€ replicato per 70 recite nel 1996.
"€œDon Quijote"€, recente creazione, ha ottenuto un grande successo di critica e di pubblico, è stato considerato un"€™opera nella quale Victor Ullate ha saputo ridare bellezza e creatività  ad un balletto ritenuto dai più obsoleto.
Victor Ullate ha formato non solo ballerini, ma anche insegnanti che lavorano nella Scuola, e tecnici che seguono il lavoro della Compagnia da ormai 10 anni.
Victor Ullate ha ottenuto il Premio Nazionale di danza nel 1989 e nel 1996 gli è stata conferita la Medaglia d"€™Oro delle Belle Arti.

Sito ufficiale del Victor Ullate Ballet

Victor Ullate e il Victor Ullate Ballet

Victor Ullate e il Victor Ullate Ballet

Nato a Saragozza, inizia gli studi di balletto classico sotto la guida di Maria de Avila. Notato - appena quindicenne - da Antonio Ruiz Soler, danza nella sua compagnia per quattro anni. In seguito, grazie a Maurice Béjart, entra a far parte del Ballet du XXème Siècle dove resterà  dal 1964 al 1980 e nel quale interpreta subito ruoli importanti.

Balla infatti in "Romeo e Giulietta" (1966), "Né fiori né corone" (1967), "Actus tragicus - Cantata 51" (1969), "Offrande chorégraphique" e "L'uccello di fuoco" (1970), "Nijinsky, clown de Dieu" (1971), "Per la dolce memoria di quel giorno" (1974, dai "Trionfi" del Petrarca), e in altri balletti tra cui i riallestimenti della "Sacre du Printemps". In più occasioni, oltre che interprete, è anche coreografo dei suoi ruoli. Un successo continuo che raggiunge l'apice nel 1978 quando Béjart - che considera Victor Ullate "uno dei suoi ballerini più completi" - crea appositamente per lui il balletto "Gaité parisienne", basato sulla propria biografia, dove l'artista interpreta il ruolo dello stesso Béjart.
Nel 1979 il Ministero della Cultura spagnolo gli affida la formazione di una compagnia classica, il Ballet Clasico Nacional. Per quattro anni Ullate dirige la compagnia.
Nel 1983 porta a termine il suo incarico e fonda una scuola privata di danza, dove crea giovani ballerini; con un gruppo di questi partecipa per due anni ad un programma di danza per bambini trasmesso dalla Televisione spagnola. La stampa dà  rilievo a questa iniziativa così il Ministero della Cultura propone a Ullate di coordinare un gemellaggio culturale con la Cina.
Il 28 Aprile 1988 al Teatro Arriaga di Bilbao la Compagnia fa il suo debutto riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica.
In Spagna sono sempre esistite piccole compagnie di danza ma è la prima volta che una Compagnia privata mantiene collaboratori artistici, tecnici ed amministrativi con continuità . La Compagnia e la Scuola sono due elementi strettamente legati.
Dal 1988 al 1996 la Compagnia gode del sostegno del Ministero della Cultura e nel 1997 viene nominata Ballet de la Comunidad de Madrid.
Attualmente la Compagnia è composta da 50 ballerini per un totale di 64 persone fisse e 10 collaboratori esterni.
Il bilancio dopo i primi 10 anni è straordinariamente positivo: il prestigio della Compagnia si è consolidato sia in ambito nazionale che internazionale.
La Compagnia ha un repertorio molto ampio e differenziato che va dallo stile classico a quello contemporaneo oltre naturalmente alle coreografie create da Victor Ullate. In particolare alcune di queste hanno segnato delle tappe importanti per la compagnia:
"€œArraygo"€ con la quale è iniziato un nuovo movimento.
"€œArrayan Daraya"€ che ha conquistato il mercato straniero.
"€œEl Amor brujo"€ che ha ottenuto il maggior successo d"€™incassi.
"€œGiselle"€ replicato per 70 recite nel 1996.
"€œDon Quijote"€, recente creazione, ha ottenuto un grande successo di critica e di pubblico, è stato considerato un"€™opera nella quale Victor Ullate ha saputo ridare bellezza e creatività  ad un balletto ritenuto dai più obsoleto.
Victor Ullate ha formato non solo ballerini, ma anche insegnanti che lavorano nella Scuola, e tecnici che seguono il lavoro della Compagnia da ormai 10 anni.
Victor Ullate ha ottenuto il Premio Nazionale di danza nel 1989 e nel 1996 gli è stata conferita la Medaglia d"€™Oro delle Belle Arti.

Sito ufficiale del Victor Ullate Ballet

"Burka", "I tu ... ?bailas?", "Sola" e "Before night fall"

"Burka", "I tu ... ?bailas?", "Sola" e "Before night fall"

Lo spettacolo a cui la compagnia di Victor Ullate darà  vita si scompone in quattro parti, quattro diverse tematiche affrontate, per una riflessione sulla vita e sulla danza.



Programma dello spettacolo:

Burka (durata 30"€™)
I tu ... ?bailas? (durata 10"€™)
Sola (durata 10"€™)
Before night fall (durata 27"€™)

Burka

Coreografia: Eduardo Lao
Musica: Dead can dance

Credo che l"€™essere umano possieda un tesoro innato, del quale suole dimenticarsi: finché non ne viene privato: ed è la libertà  di scelta.
Immaginiamo per un momento come ci sentiremmo se ci rubassero questo tesoro o, per dire meglio, mettiamoci nei panni di chi, senza averlo scelto, è nato in un luogo dove questa situazione è un"€™imposizione.
A tutte queste persone dedico "Burka"€.
Eduardo Lao

I tu ... ?bailas?

Coreografia: Victor Ullate
Musica: W.A.Mozart - Andante Piano Concerto n. 21

Sola

Coreografia: Victor Ullate
Musica: Arvo Pärt
Prima rappresentazione 10 maggio 2001, Madrid Teatro Albéniz

Quanto è bella la solitudine volontaria, e quanto triste quella non desiderata. Tutti siamo passati per entrambe gioendo e piangendo, per colpa sua. Tuttavia, siamo noi gli unici in grado di fare di questa allegria o disperazione un momento bello, nell'€™incontrare qualcuno capace di condividere questa solitudine, e attraverso l"€™amore rendere questa doppia solitudine una "€œsola"€: e in questo caso la danza riflette ed esprime la bellezza del sentimento di due persone.
In fondo la danza è una professione individuale e solitaria, in cui a dispetto del pubblico e della gran quantità  di persone che si muovono attorno al ballerino, è infine questo, nella sua assoluta solitudine, a trasmettere a questo pubblico ciò che è necessario in ciascun momento o coreografia.
Ci sono sempre certi tipi di solitudine con le quali noi ci identifichiamo maggiormente o con cui siamo capaci di partecipare più facilmente. Uno di questi momenti condivisi con Trinidad ha avuto come epilogo la creazione di SOLA, essendo qualcosa di bello e profondo che soprattutto noi due comprendiamo, e che Trinidad fa capire con la sua danza con la più assoluta chiarezza e trasparenza.
Victor Ullate

Before night fall

Coreografia: Nils Christi
Musica: Bohuslav Martinu

Svettanti incontri di gruppo e teneri passi a due alla maniera dei grandi teorici Balanchine e Kylian

"Burka", "I tu ... ?bailas?", "Sola" e "Before night fall"

"Burka", "I tu ... ?bailas?", "Sola" e "Before night fall"

Lo spettacolo a cui la compagnia di Victor Ullate darà  vita si scompone in quattro parti, quattro diverse tematiche affrontate, per una riflessione sulla vita e sulla danza.



Programma dello spettacolo:

Burka (durata 30"€™)
I tu ... ?bailas? (durata 10"€™)
Sola (durata 10"€™)
Before night fall (durata 27"€™)

Burka

Coreografia: Eduardo Lao
Musica: Dead can dance

Credo che l"€™essere umano possieda un tesoro innato, del quale suole dimenticarsi: finché non ne viene privato: ed è la libertà  di scelta.
Immaginiamo per un momento come ci sentiremmo se ci rubassero questo tesoro o, per dire meglio, mettiamoci nei panni di chi, senza averlo scelto, è nato in un luogo dove questa situazione è un"€™imposizione.
A tutte queste persone dedico "Burka"€.
Eduardo Lao

I tu ... ?bailas?

Coreografia: Victor Ullate
Musica: W.A.Mozart - Andante Piano Concerto n. 21

Sola

Coreografia: Victor Ullate
Musica: Arvo Pärt
Prima rappresentazione 10 maggio 2001, Madrid Teatro Albéniz

Quanto è bella la solitudine volontaria, e quanto triste quella non desiderata. Tutti siamo passati per entrambe gioendo e piangendo, per colpa sua. Tuttavia, siamo noi gli unici in grado di fare di questa allegria o disperazione un momento bello, nell'€™incontrare qualcuno capace di condividere questa solitudine, e attraverso l"€™amore rendere questa doppia solitudine una "€œsola"€: e in questo caso la danza riflette ed esprime la bellezza del sentimento di due persone.
In fondo la danza è una professione individuale e solitaria, in cui a dispetto del pubblico e della gran quantità  di persone che si muovono attorno al ballerino, è infine questo, nella sua assoluta solitudine, a trasmettere a questo pubblico ciò che è necessario in ciascun momento o coreografia.
Ci sono sempre certi tipi di solitudine con le quali noi ci identifichiamo maggiormente o con cui siamo capaci di partecipare più facilmente. Uno di questi momenti condivisi con Trinidad ha avuto come epilogo la creazione di SOLA, essendo qualcosa di bello e profondo che soprattutto noi due comprendiamo, e che Trinidad fa capire con la sua danza con la più assoluta chiarezza e trasparenza.
Victor Ullate

Before night fall

Coreografia: Nils Christi
Musica: Bohuslav Martinu

Svettanti incontri di gruppo e teneri passi a due alla maniera dei grandi teorici Balanchine e Kylian

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