XXIII Stagione Lirica di Padova

XXIII Stagione Lirica di Padova

Anche quest'anno la Stagione Lirica presenta in cartellone due importanti produzioni: "La Grande Duchesse di Gérolstein", opera buffa scritta da Jacques Offenbach nel 1867 dal carattere brillante e ironico, presentata nel nuovo allestimento di Pier Luigi Pizzi; e "Lucia di Lammermoor", dramma tragico composto da Gaetano Donizetti nel 1835, proposta al pubblico nell’allestimento dell’Esplanade Saint-Etienne Opéra e la regia di Jaen-Louis Pichon. Nel cast, voci oggi considerate tra le più interessanti nel panorama lirico italiano.

Dal 10 settembre al 5 ottobre
Teatro Verdi - Padova

Il cartellone comprenderà  due importanti produzioni, rappresentate in tre
recite ciascuna al Teatro Verdi di Padova. Aprirà  la Stagione "Le Grande-Duchesse di Gérolstein", opera buffa scritta da Jacques Offenbach nel 1867 dal carattere brillante e ironico. Presentata nel nuovo allestimento di Pier Luigi Pizzi, tra i più importanti registi e scenografi, vedrà  sulla scena un ottimo cast in cui spicca la voce di Elena Zilio, conosciuta nei maggiori Teatri quali il Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera e la Scala di Milano, che interpreterà  il ruolo principale della Grande Duchessa.
Seguirà  "Lucia di Lammermoor", dramma tragico composto da Gaetano Donizetti nel 1835, proposta al pubblico padovano nell'allestimento dell'Esplanade Saint-Etienne Opéra e la regia di Jaen-Louis Pichon. Nel cast emergono Alla Simoni (Lucia), Francesco Meli (Edgardo) e Riccardo Zanellato (Enrico) le cui voci sono oggi considerate tra le più interessanti nel panorama lirico italiano.
Entrambe le produzioni saranno realizzate con il Coro e l'Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia.


La Grande-Duchesse De Gerolstein
di Jacques Offenbach
personaggi ed interpreti principali
Grande Duchessa Elena Zilio
Wanda Patrizia Cigna
Fritz Massimiliano Tonsini
Barone Puck Thomas Morris
Maestro concertatore e direttore Cyril Diederich
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
nuovo allestimento

Teatro Verdi - Padova
Venerdì 10 settembre 2004, ore 20.45 – Turno A
Domenica 12 settembre 2004, ore 16.00 – Turno B
Martedì 14 settembre 2004, ore 20.45 – Turno C



Lucia di Lammermoor
di Gaetano Donizetti
personaggi ed interpreti principali
Lucia Alla Simoni
Edgardo Francesco Meli
Enrico Alessandro Paliaga
Raimondo Riccardo Zanellato
maestro concertatore e direttore Manlio Benzi
regia e scene Jean-Louis Pichon
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
allestimento dell’Opéra Esplanade di Saint-Etienne

Teatro Verdi - Padova
Venerdì 1 ottobre 2004, ore 20.45 – Turno A
Domenica 3 ottobre 2004, ore 16.00 – Turno B
Martedì 5 ottobre 2004, ore 20.45 – Turno C

Prezzi Singoli Spettacoli:
Interi:
Platea: Euro 60,00
Posto in palco centrale: Euro 60,00
Posto in palco laterale: Euro 35,00
Galleria: Euro 20,00
Ridotti (*):
Platea: Euro 50,00
Posto in palco centrale: Euro 50,00
Posto in palco laterale: Euro 30,00
Galleria: Euro 20,00
Ridotti per Studenti (fino a 26 anni):
Platea: Euro 20,00
Posto in palco centrale: Euro 20,00
Posto in palco laterale: Euro 15,00
Galleria: Euro 10,00
(*) Riduzioni: Cral, Associazioni, Biblioteche, ProLoco, Anziani.

Prezzi Abbonamenti:
Interi:
Platea: Euro 90,00
Posto in palco centrale: Euro 90,00
Posto in palco laterale: Euro 60,00
Galleria: Euro 30,00
Ridotti (*):
Platea: Euro 80,00
Posto in palco centrale: Euro 80,00
Posto in palco laterale: Euro 50,00
Galleria: Euro 30,00
Ridotti per Studenti (fino a 26 anni):
Posto in palco laterale: Euro 25,00
Galleria: Euro 15,00
Acquistando un intero palco centrale o laterale si può aggiungere posti fino al massimo della capienza al prezzo di Euro 10,00/cad.
(*) Riduzioni: Cral, Associazioni, Biblioteche, ProLoco, Anziani


Prenotazioni e Informazioni:
Vendita Nuovi Abbonamenti e Biglietti: da giovedì 24 giugno 2004
Biglietteria presso il Teatro Verdi di Padova, orario: giovedì/venerdì/sabato dalle 15.00 alle 18.30.
(chiusura estiva dello sportello: dal 1 al 25 agosto - riapertura giovedì 26 agosto; il servizio di prenotazione e informazione telefonica è attivo anche durante la pausa estiva).

Prenotazioni:
Fax: ++39 49 8774711
E-mail: padovamusica@virgilio.it
Informazioni:
Tel: ++39 49 662552 - ++39 347 9471416
Sito Internet: http://www.teatrolafenice.it

Marco Strano Quartet

Marco Strano Quartet

Il quartetto del sassofonista padovano Marco Strano è composto anche da Alessandro Mozzi al pianoforte, Franco Lion al contrabbasso e Paolo Balladore alla batteria ed è attivo sulla scena jazz italiana da circa vent'anni.



Marco Strano ha conseguito il diploma "Riviera del Jazz 1989" del Thelonius Monk Instiute di Washington, e nel 1990 il diploma "Castelfranco Jazz" della Manhattan Jazz School (in quella occasione ha suonato con alcuni dei nomi più prestigiosi del panorama jazzistico mondiale, come Curtis Fuller, Cameron Brown, Walter Bishop Jr., Lew Soloff, etc).
Tutt'oggi vanta collaborazioni con importanti musicisti, quali Claudio Fasoli, Franco d'Andrea, Flavio Boltro, Maurizio Caldura, Furio di Castri, Kenny Wheeler, etc. Nel 1984 ha fatto parte dell'European Music Orchestra con cui ha inciso "Guest" per la Soul Note, con ospiti importanti quali Kenny Wheeler, Claudio Fasoli, Aldo Romano. Nel 1995 con il quartetto di sassofoni "Sax Appeal" dopo una serie di concerti nei più importanti locali (Capolinea, Tag etc.), ha inciso il CD "Giotto", sempre per la Soul Note che ha visto anche la presenza del sassofonista internazionale Claudio Fasoli. Il Disco è stato recensito anche dalla prestigiosa rivista "Musica Jazz", con una annotazione personale. Sempre nel 1995 è entrato a far parte del gruppo gospel "Summertime" con il quale ha realizzato il CD "Seeds of Life". Nel 1996 ha inciso sempre con "Summertime" il disco "Joy" per la EMI International. In seguito con questo gruppo si è esibito in numerosi concerti e apparizioni televisive (Roxy Bar condotto da Red Ronnie, Festivalbar, Mio Capitano, I Fatti Vostri). Con i "Summertime" ha partecipato al Concerto di Natale in Vaticano condotto da Lorella Cuccarini e Red Ronnie, trasmesso in Mondovisione dalla Sala Nervi. Nel 1997 è uscito il suo primo CD come solista per la Velut Luna: "€œCaleidoscopio"€, di cui ha firmato la maggior parte delle composizioni. Il CD ha ricevuto entusiastiche recensioni delle riviste specializzate in musica Jazz e la segnalazione come disco del mese sulla rivista "Suono". Il 3 Novembre 1998 il Marco Strano Ensemble si è esibito all'interno del Padova Porsche Jazz Festival, manifestazione comprendente grossi nomi internazionali, quali Joe Lovano e Richard Galliano.

Omero non piange mai

Omero non piange mai

Omero non piange mai

Lo spettacolo "Omero non piange mai, racconti dall'Iliade", vuole essere un'analisi dell'opera omerica alla luce dell'attualità  ed una riflessione su come la "forza" domini l'uomo, che invece cerca di dominarla. Un ottimo Andrea Pennacchi ci condurrà  in tutto ciò raccontando le storie che si intrecciano nell'epico racconto.




Omero non piange mai
Racconti dall'Iliade
di e con: Andrea Pennacchi
musiche: Sergio Marchesini
canzoni composte da Francesco Basso e Andrea Pennacchi
collaborazione alla drammaturgia: Laura Curino

Alle medie credevo che la storia della guerra di Troia fosse raccontata nell'Iliade, mentre il ritorno di Ulisse stava nell'Odissea. E su sta ultima cosa non mi sbagliavo. Quando però ho comprato l'Iliade, obbligato dalla più cattiva professoressa di Italiano della storia, ho pensato che il libraio mi avesse fregato (magari ha visto la faccia da uno che non legge tanto...), il libro cominciava che l'assedio durava già  da nove anni, e non c'era nessun tallone e neanche un cavallo di legno, finiva con queste parole "così onorarono la sepoltura di Ettore, domatore di cavalli". Ettore, facile, era il principale difensore di Troia, ed era stato ucciso da Achille, il più forte dei Greci. Ma il Tallone? Il Cavallo di Legno? La mela?
Cosa rimane oggi dell'Iliade? Che storia ci racconta la prima epica scritta dell'uomo? Una risposta lucida e terribile l'abbiamo trovata nelle parole di Simone Weil: "Il vero eroe, il vero argomento, il centro dell'Iliade, è la forza. La forza adoperata dagli uomini, la forza che li piega. L'anima umana appare costantemente modificata dai suoi rapporti con la forza: travolta, accecata dalla forza di cui crede di disporre, si curva sotto l'imperio della forza che subisce... Chi aveva sognato che la forza, grazie al progresso, appartenesse ormai al passato, ha voluto vedere in questo poema un documento; chi sa vedere come la forza, oggi come ieri, sta al centro di ogni storia umana, vi trova il più bello il più puro degli specchi."
Da queste parole siamo partiti per raccontare le storie di Ettore e Achille, i due nemici per eccellenza, ma anche quelle di Priamo ed Ecuba, di Aiace, di Patroclo, di Nestore e Paride, di Menelao e Agamennone, e di Elena e Andromaca. Esseri umani in balia della forza, che cercano in tutti i modi di mantenere viva la propria gentilezza d'animo, la propria umanità .
Ed è così che abbiamo scoperto la bellezza dell'Iliade: i suoi protagonisti, tutt'altro che piatte figurine epiche, esseri umani che proteggono pochi preziosi attimi di vita dall'uragano della guerra. Abbiamo scelto il racconto, più vicino possibile a quello originario del primo grande narratore della storia, per permettere a ognuno degli spettatori di "vedere" nella propria mente, di riempire le parole del narrato con le immagini della propria esperienza e della fantasia.

Alice, una meraviglia di paese

Alice, una meraviglia di paese

Portare Alice in scena può voler dire intraprendere "un viaggio che somiglia più ad un cavaturaccioli che ad un sentiero", inseguendo tracce che non portano da nessuna parte, con regole fatte solo di eccezioni. Così potremo scoprire che anche il nostro mondo, come quello di Carroll, è solo un gioco illusorio di ombre e luci dove si può entrare attraverso una screpolatura dell'aria, un foro della terra o un'improvvisa debolezza nella superficie di uno specchio.





Alice in palcoscenico può significare allora coltivare programmaticamente il nonsenso, andando a "lezione di oblio" o frequentando la scuola della Finta Tartaruga che insegna a scrivere con "pinna e calamaro" e dà  ripetizioni di "Dissenno". Ma Alice è anche inseguire "una specie di speranza disperata" consapevoli che talvolta viviamo prigionieri dei sogni altrui e che la "meraviglia di paese" in cui viviamo spesso è nient'altro che un mondo odioso e sgarbato, popolato da re e regine malvagie e da ciclopi ipnotizzatori col volto a forma di monoscopio.
E se "pensare confonde le idee" o è consigliabile, come ci dice Alice, imparare a guardare ogni cosa con una sorta di strabismo mentale, sarà  forse utile (e divertente) attraversare pure i paradossi e i controsensi del mondo contemporaneo alla ricerca della follia e dell'insensatezza del nostro paese delle meraviglie, spesso troppo simile ad una partita a scacchi giocata da Re decerebrati e arroganti Cappellai Matti
Giorgio Gallione


Alice
una meraviglia di paese
con Lella Costa
regia di Giorgio Gallione


La domanda, inevitabilmente, è e sarà : perché? Perché Alice?
La risposta carrollianamente corretta potrebbe essere, ovviamente: "perché sì", o in alternativa "perché no?"
Ma questa Alice non viaggia soltanto nei paesi delle meraviglie e attraverso gli specchi della fantasia sfrenata e della totale libertà  d'invenzione linguistica; questa Alice non è soltanto la bambina bionda e appena un filo saccente, croce e delizia di un signore geniale e visionario dalla reputazione, ahimé, fatalmente ambigua: è anche altro.
E' il salvacondotto per ogni possibile esplorazione delle parole, del linguaggio e del metalinguaggio, del gioco e del metagioco, della musica in ogni accezione.
E' il simbolo di qualcosa, di tante cose che hanno popolato i sogni e i viaggi di tanti esploratori contemporanei; e di tante avventure.
E' la radio che da Bologna negli anni settanta raccontava in diretta il mondo che esplodeva. E' quella che si faceva il whisky distillando i fiori, che non abita più qui (se mai qui è stata), quella nel cui ristorante stasera nessuno è felice (e d'altra parte, nel suo ristorante si può avere tutto quello che si vuole, a parte lei, no?), quella che guarda i gatti e viaggia nelle città .
E' il nome che oggi si ritrovano addosso tante giovani donne che sono nate quando i loro genitori pensavano che il mondo si potesse cambiare, o almeno colorare in un altro modo.
E' il più visionario (e meno infantile) dei film di Walt Disney.
E' tutte noi ragazze che a ogni età  e in ogni situazione ci sentiamo vagamente a disagio, o fuori posto, troppo grandi o troppo piccole o magre o grasse, comunque inadeguate, comunque incapaci di scegliere la parte giusta del fungo, la cosa giusta da fare.
E' il nonsense, il surreale come sublime piacere del paradosso, ma anche come grimaldello per esplorare e raccontare alcuni luoghi dell'indicibile contemporaneo: per esempio il carcere, per esempio la sofferenza psichica.
Per accompagnare la mia Alice in questa meraviglia di paese ho chiesto l'aiuto sapiente di Giorgio Gallione, che la insegue praticamente da sempre, e di Antonio Marras, che crea poesia e ironia in forma di abiti. Per farla danzare, ho pensato a Stefano Bollani.
Non so se sono riuscita a spiegare il perché di questa scelta: ci proverò sul palcoscenico.
Adesso, per dirla con Tom Waits - e chi meglio di lui? - "all that I can think of is Alice"
Lella Costa

Il Grigio di Giorgio Gaber

Il Grigio di Giorgio Gaber

Il Grigio è uno degli spettacoli più applauditi di Giorgio Gaber, oltre che un testo straordinario, parte ormai della storia del nostro teatro. E anche senza la presenza di una sola canzone, lo stesso Gaber lo considerava il suo spettacolo più musicale.

Il Grigio
di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
regia Serena Sinigaglia
scene Giorgio Gaber e Daniele Spisa, musiche Carlo Cialdo Capelli
luci Claudio de Pace
con Fausto Russo Alesi
e con dario Grandini (pianoforte) e Stefano Bardella(percussioni)

Nato nel 1988 dal sodalizio artistico con Sandro Luporini, Il Grigio è la storia di un uomo che decide di ritirarsi da tutto, dalla melmosa contemporaneità  dove non esistono più i nemici (e dunque nemmeno gli amici) per vivere in totale distacco dal mondo. Ben presto però il protagonista si accorge di non essere solo: un topo, il Grigio del titolo, lo spia. Falliti i tentativi di catturare l'intruso con metodi tradizionali, egli comincia un lungo duello con l'invisibile nemico. E in questa battaglia si trova a dover riflettere su tutte le sue scelte affettive e morali.
In un crescendo in cui si alternano una folle "tensione agonistica", sarcastica lucidità , momenti di abbandono e di irresistibile comicità , il protagonista supera il suo egocentrismo iniziale per raggiungere i toni di pietas laica su cui si conclude la storia de Il Grigio: "bisognerebbe essere capaci di trovare la consapevolezza e l'amore che dovrebbe avere un Dio che guarda".

La scelta di un giovane attore, Fausto Russo Alesi, vincitore del Premio della Critica Teatrale e del Premio Ubu 2002, e di una regista, altrettanto giovane, Serena Sinigaglia, risponde alla volontà  di confrontarsi con una sensibilità  nuova nel mettere in scena questo testo, che non è un ricordo, ma vive oltre il suo compianto autore.
Accanto a Fausto Russo Alesi, gli stessi musicisti che accompagnarono Gaber: Carlo Cialdo Capelli e Corrado Dado Sezzi. Le scene sono di Giorgio Gaber e Daniele Spisa.

Il Cielo degli Altri

Il Cielo degli Altri

Hassan scappa dall'Iraq, Kirom dall'Albania. Draid viene dal Libano, Ahmed dall'Algeria, mentre Ido è disperso in Bosnia. Alma cerca il marito, Amina parte insieme a Kirom. Nur, la promessa sposa, e Nazrim, la figlia piccola, restano a casa. Qualcuno scappa dalla guerra, qualcuno dalle persecuzioni, altri hanno sogni di ricchezza o fuggono dalla miseria. Si troveranno in un gommone, ricorderanno un viaggio che non finiranno mai, parleranno di un destino che altri vivranno al posto loro. Fuga, miraggio, sfruttamento, commiato, viaggio, nostalgia, attesa, delusione, prostituzione, lavoro, sogni, ritorno, naufragio, amicizie, incubi e speranze.

Una produzione Armunia, Castiglioncello
Compagnia Setaccio Teatro
"Il Cielo degli Altri"
testo e regia di César Brie
Attori: Isadora Angelini, Andrea Bettaglio, Serena Cazzola, Deborah Ferrari, Raffaella Tiziana Giancipoli, Alessandro Lucignano, Robert Mc Neer, Guillaume Moreau, Donato Nubile, Luca Serrani
Luci: Francesco Pace
Costumi: Giancarlo Gentilucci
Testo: César Brie, con frammenti del gruppo e di Nazim Hikmet
Regia: César Brie
Assistente alla regia: Viviano Vannucci
Assistenti ai costumi: Gabriella Nobile, Tea Primiterra, Pamela Rossi, Pamela Tuzi, Daniela Vespa

Questo progetto ha due radici. La prima è il lavoro pedagogico che mi viene spesso offerto e che per anni ho evitato. Non amo insegnare senza farmi carico delle conseguenze di questi insegnamenti. La condizione di chi oggi cerca di fare teatro fuori dai canoni del mercato e delle religioni, mi sembra quanto meno precaria. In questo "progresso" non c'è spazio nè per una manodopera in eccesso, nè per disagi culturali.
CosÍ­ ho deciso di prendere alcuni allievi e di portarli più lontano. Creare con loro un'opera. Ho posto delle domande - perché fuggiamo, verso dove, alla ricerca di cosa - abbiamo interrogato lo spazio scenico, cercando metafore, allegorie.
L'altra radice è l'indignazione. L'Italia, paese di emigranti, rifiuta gli immigrati. Si fa sugli altri lo stesso che si è subito in anni non tanto lontani. La povertà  si esportava, la ricchezza ce la teniamo stretta.
Avevo paura, nell'iniziare questo lavoro, di produrre una nuova esclusione: fare di un assente il soggetto dello spettacolo. Non volevo parlare soltanto della condizione dell'emigrante nè delle ragioni dell'emigrazione, ma cercare di scoprire la persona, rannicchiata, impaurita, accovacciata, dietro la definizione di emigrante.
Ho scritto delle storie, di tradimenti, lontananze, amori perduti, storie di uomini e donne le cui vite si dissolvono. Di qualcuno ne capiamo il destino, di altri svaniscono le tracce. Anche quello che dice di avercela fatta, che sfrutta i compagni di sventura e fa l'elogio dell'egoismo, abbandona sul bagnasciuga gli indumenti e gli oggetti che avrebbero sancito il suo successo.
CosÍ­ è nato "Il Cielo degli Altri".
L'emigrazione verso l'Europa di oggi assomiglia troppo, in forme appena differenti, all'esodo degli italiani verso l'America nel tardo ottocento e verso il nord Europa nella seconda metà  del novecento.
Nel cielo degli altri non riconosci le stelle che vedevi da bambino, quando avevi curiosità  e tempo per guardarle. Il cielo degli altri è il cielo della nostalgia, della solitudine, della perdita e dell'assenza.
Credo, malgrado tutto, che gli italiani abbiano memoria, che ci siano ancora persone generose, accoglienti, sensibili e solidali, che non sono ancora stanche della povertà  degli altri.
César Brie

Ottavia Piccolo

Ottavia Piccolo

Esordio, a dieci anni, nel 1960-61, in teatro, nel ruolo della bambina cieca, sorda e muta di "Anna dei miracoli" con Anna Proclemer, regia di Luigi Squarzina. Subito dopo, il cinema: è Caterina, una delle figlie del principe di Salina (B. Lancaster) ne "il Gattopardo" di Luchino Visconti.

Nel 1963 è protagonista di "Le visioni di Simone Marchand" di B. Brecht, regia di B. Menegatti. Nel 1964/65 incontra Giorgio Strehler, che la dirige ne "Le baruffe chiozzotte" di C. Goldoni; nel biennio successivo è diretta da L. Visconti ne "Il giardino dei ciliegi" di A. Cechov e da Ettore Giannini ne "Il mercante di Venezia " di W. Shakespeare.
Seguono (1966-67) "La Calandra" di B. Bibbiena, regia di Giorgio De Lullo, "Egmont" di W. Goethe, regia di L. Visconti, e (1968-69) " Ivanov " di Cechov, regia di Luca Ronconi (anche la versione televisiva del 1972).
Ritorna a Strehler e al Piccolo di Milano (1972-73) nel doppio ruolo de il fool e Cordelia ne "Re Lear "di W. Shakespeare. Di nuovo con Squarzina, è (1976-77) in "Misura per misura" di Shakespeare per il Teatro di Roma.
Nasce il sodalizio artistico e d'impresa con Gabriele Lavia, che la dirige ne "Il vero amico " di Goldoni, "Amleto" di Shakespeare, "Anfitrione" di Kleist e "Il Gabbiano".
Nel 1981, alla Piccola Scala di Milano, Peter Ustinov (anche autore) la dirige in "Prova per il matrimonio di Gogol" nell'ambito del Festival Musorskij. Poi è protagonista de "L'avventuriero e la cantante" di Hugo von Hofmannsthal, regia di Giancarlo Cobelli, di "Elettra" di Hugo von Hofmannsthal, regia di Sandro Sequi; è in "Mirra" di Vittorio Alfieri, regia di L. Ronconi, ne "il Berretto a Sonagli" di Luigi Pirandello, regia Massimo Castri, ne "La sorpresa dell'amore" di Marivaux, regia di Sequi.
Propone in varie stagioni, "Dialoghi con nessuno", una sua scelta di testi di Dorothy Parker, Natalia Ginzburg e B. Brecht, regia di Silvano Piccardi; con la regia di Jeròme Savary interpreta "La dodicesima notte" di Shakespeare. Nel 1993 è protagonista di "Pazza" di Tom Topor, regia Giancarlo Sepe. Sempre nel '93-'94, e anche la stagione successiva, entra nella Compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia , dove è protagonista di "Intrigo e amore" di Fredrich Schiller e di "Medea" di Franz Grillparzer, entrambi diretti da Nanni Garella.
La stagione 1997-98 l'ha vista ancora una volta al Piccolo Teatro di Milano, dove, per la regia di L. Puggelli, ha interpretato Frosina ne "L'avaro" di Moliere con Paolo Villaggio, riscuotendo un eccezionale successo di pubblico.
Nelle stagioni 1998/2000 Rosanero di Roberto Cavosi per la regia di P. Maccarinelli.
Quindi, stagione 2000-2001, "Il libertino" di Erich-Emmanuel Schmitt, con Gioele Dix, sotto la direzione di Sergio Fantoni. Dal 2001 è in tournée con "Buenos Aires non finisce mai" di Vito Biolchini ed Elio Turno Arthemalle, un "One-woman-drama" sui desaparecidos argentini, regia di Silvano Piccardi.

Detto dell'esordio con Visconti, le successive tappe cinematografiche di Ottavia Piccolo sono " Serafino" di Pietro Germi, "Metello" e "Bubu" di Montparnasse" entrambi diretti da Mauro Bolognini (per "Metello" la Piccolo vince il premio per l'interpretazione femminile al Festival di Cannes del 1970). Poi ancora, "L'evaso" di Pierre Granire-Deferre con Alain Delon e Simone Signoret, "L'anguilla da trecento milioni" di Salvatore Saperi, "Zorro" di Duccio Tessari ancora con A. Delon, "Mado" di Claude Sautet con Michel Piccoli. Nel 1987 è nel cast de "La famiglia" di Ettore Scola (Nastro d'argento). Interpreta poi "Da grande" di Franco Amurri con Renato Pozzetto, "Sposi" di Pupi Avati, "Nel giardino delle rose" di Luciano Martino, "Condominio" di Felice Farina, "Barocco" di Claudio Sestieri, "Angeli del sud" di Massimo Scaglione e "Bidoni" di Felice Farina.

Per la televisione, oltre alle numerose commedie, Ottavia Piccolo ha interpretato diversi sceneggiati e tv-movie. Il primo, "Il mulino del po" di Baccelli, regia di Sandro Bolchi, poi "Vita di Leonardo" di Renato Castellani, "La certosa di Parma" di Mauro Bolognini, "La biondina" di Andrea e Antonio Frazzi, "Girotondo" di Enzo Muzii, "Mino-il piccolo alpino" di Gianfranco Albano, "La coscienza di Zeno" di Sandro Bolchi, "Chiara e gli altri" di Francesco Lazotti, "Il prezzo della vita" di Stefano Reali, "Donna" di Gianfranco Giugni e, per il ciclo "Palcoscenico" di Raidue, il drammatico "Rosanero" di Roberto Cavosi, regia di Antonio Calenda.

Terra di Latte e Miele

Terra di Latte e Miele

Terra di Latte e Miele non è un pamphlet, non vuole essere un manifesto politico per l'una o l'altra parte: è la storia del dramma quotidiano vissuto dalla gente comune che subisce le conseguenze di decisioni prese in base alla 'ragion di stato' di cui non capisce il senso. Perchè seminano morte e sangue nei due campi, falciando palestinesi e israeliani che avevano creduto di poter vivere fianco a fianco in armonia, in amicizia.

Terra di Latte e Miele
di Manuela Dviri
con la collaborazione di Silvano Piccardi
regìa di Silvano Piccardi
scene di Marco Capuana
musiche di Luigi Cinque

Personaggi:
Leah, Ottavia Piccolo
Il figlio di Leah, Enzo Curcuru'


Messo in scena da Silvano Piccardi, Terra di Latte e Miele è uno spaccato del mondo contemporaneo attraverso l'ostinata volontà  di vivere una vita normale di una donna coraggiosa, ebrea argentino-italiana, che non esita a contestare le idee del marito ortodosso con tutta la sua energia.
L'azione si svolge nel salotto di una casa borghese di Tel Aviv, nel giorno dello "shabbat ha gadol", il sabato che precede il digiuno del Kippur. Lea è sola, parla al telefono con le amiche, palestinesi, cristiane, si dà  da fare con lo stato maggiore israeliano per sbloccare un carico di latte in polvere per i neonati palestinesi fermo ad un check-point...si sente quasi colpevole, nei confronti delle amiche che dovrebbero essere le sue nemiche, secondo la suddetta "ragion di stato".
In un crescendo di tensione, passa sul piccolo palcoscenico dello Studio tutta la realtà  di una guerra senza fine, il ricordo del figlio morto da eroe (l'attore Enzo Curcurù, che cerca di convincerla di aver fatto la scelta giusta), del padre che sognava un altro Israele, della paura di accendere la televisione che ad ogni momento può annunciare nuovi morti.
Ottavia Piccolo offre un'ora e venti di emozioni forti, di raccoglimento quasi religioso sul dramma che si consuma in medioriente e che racconta con forza, con fervore, fedele a se stessa e al suo impegno di sempre a favore delle grandi cause.
Ha le lacrime agli occhi, quando finisce il suo disperato monologo, e il pubblico applaude in silenzio, fragorosamente, incapace di parlare ma con gli occhi lucidi anche per un grande senso di impotenza.

Le Nozze di Antigone

Le Nozze di Antigone

Le Nozze di Antigone

Antigone parla e il suo sguardo si posa sul padre per ricondurlo ad una visione domestica dell'esistenza. Lo sguardo è pietoso e, nella casa di Antigone, Edipo è assolto, salvo e lontano dal proprio destino. E la prima parte di un progetto sulla vicenda di Edipo dove Antigone, Eteocle e Polinice racconteranno parlando con il padre. Attraverso il ricordo cercheranno di ricostruire la memoria, proveranno a rammemorare. Ma i tre figli hanno tre sguardi diversi e la storia del padre li ha coinvolti spingendoli verso tre diversi destini.



Le Nozze di Antigone
testo di Ascanio Celestini
regia di Veronica Cruciani e Arturo Cirillo
con Veronica Cruciani
scene di Massimo Bellando Randone
musiche di Francesco De Melis

La cosa che mi commuove di Antigone è il suo modo di guardare alle cose.
Antigone parla di ciò che conosce; dalle sue parole capiamo da dove viene, conosciamo il posto dove è nata, il suo passato.
Antigone è una bambina e al tempo stesso una vecchia, vittima del destino che la storia le ha riservato; nella solitudine racconta, rievoca le storie che ha da sempre sentito nella sua casa. Ha bisogno di raccontare e ricordare perché dentro quelle storie c'è la sua stessa identità . Ripete le parole di suo padre, di chi ormai non può più raccontare; sono parole che da sempre è abituata ad ascoltare perché parlare con il padre è la sua quotidianità .
La sua casa è il luogo dove passato e presente si confondono; dove conosce l'amore, e continua a mantenerlo in vita anche oltre la morte.
In Antigone ritroviamo l'immagine di un'umanità  ferita, ma nel suo sguardo possiamo leggere "sempre un' unica domanda che è la domanda della vita stessa".
Veronica Cruciani

Due cose mi hanno spinto a lavorare alle "Nozze di Antigone": la bellezza del testo e la voglia irrefrenabile di Veronica di volerlo recitare. Ho in genere l'abitudine di scegliere io il testo su cui lavorare e successivamente coinvolgere degli attori su un progetto, in questo caso invece sono stato io il coinvolto. Ma penso che sia giusto così trattandosi di un monologo, cioè di un rapporto fortemente individuale tra delle parole ed un attore, o una attrice; penso spesso che quello che avviene davanti a me mentre Veronica prova sia un processo intimo al quale sono stato gentilmente invitato a partecipare, ma come osservatore e consigliere. Insomma sento che non sono io la materia attraverso la quale nascerà  qualcosa, ma lei, unicamente lei: attraverso il suo respiro, il suo modo di muoversi, come guarda il mondo, l'emozioni che la abitano, le paure che la spaventano. L'incontro tra Veronica e le parole di Ascanio, parole ingannevolmente semplici, parole musicali, parole concrete ed evocative, questo incontro è per me già  Antigone.
Poi ci siamo immaginati un luogo, un pezzo di casa, il ricordo di una casa, con poche cose e "scompagniate". Ci siamo immaginati una musica da una chiesa di campagna, come un canto di confraternita per le stazioni di una processione immaginaria. Delle luci che svelano e nascondono, che illuminano qualcuna che è lì a prescindere da noi. Ci siamo immaginati tante orecchie e tanti occhi che guardano, e ascoltano, le cose come noi ce le siamo immaginate, e che magari se ne immagineranno ancora delle altre.
Arturo Cirillo

Matcho Winterstein Trio

Matcho Winterstein Trio

Il chitarrista francese Matcho Winterstein guida l'omonimo trio, accompagnato alla chitarra ritmica da Francesco Federici ed al contrabbasso da Mirco Capecchi; i tre musicisti propongono un repertorio di musica gispy jazz e swing manouche, cioè originaria dei nomadi Manouches, discendenti del ceppo zingaro più antico.





Matcho Winterstein è un chitarrista manouche proveniente dalla Lorena, più precisamente da Nancy (Francia). Nasce in una famiglia di musicisti nomadi, l"€™aria che respira fin dalla nascita è costantemente intrisa di suoni e ritmi manouche.
La musica di Matcho è caratterizzata da precisione, potenza e delicatezza del fraseggio dove ogni nota ha un senso: il personaggio ha uno spessore musicale formidabile e un'autenticità  veramente unica ed inimitabile.
Ha appena 28 anni ma può già  vantare una grandissima esperienza avendo collaborato attivamente con i più famosi musicisti di questo stile: Moreno, Angelo Debarre, Dorado Schmitt, Bireli Lagrene, Tchavolo Schmitt ecc. Oltre alla lunga serie di Festival a cui ha partecipato (Festival D"€™Angers, Nancy jazz Pulsation, Festival internazionale tsigane di Strasburgo, Festival Swing Axirdcourt, Festival Django Logie, Festival Aye Aye, ecc.) per due anni consecutivi ha effettuato tournée in Canada con Angelo Debarre.
Ad accompagnarlo in questa serata due giovani musicisti pisani: Francesco Federici che alla chitarra ritmica garantirà  la pulsazione caratteristica del jazz manouche e Mirco Capecchi al contrabbasso. La loro collaborazione con Matcho ha avuto inizio nel 2003 dando subito riscontri positivi sia di critica che di pubblico: insieme hanno registrato un CD uscito da poco.

Matcho Winterstein - chitarra solista
Francesco Federici - chitarra ritmica
Mirco Capecchi - contrabbasso

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