Il Signore delle Fiere
Il Signore delle Fiere
Il Signore delle Fiere è una piece teatrale di Massimo Manini, incentrata sul personaggio di Giuseppe Ragni, uomo dotato di grande ingegno e fantasia, che utilizzava le sue grandi doti di rimatore e teatrante non solo per incremetare il suo piccolo commercio, ma anche per insegnare al suo pubblico, il popolo, a vivere meglio il presente.
Uomo dall'arguzia esplosiva e spesso irriverente, Giuseppe Ragni, "Quall dla Saraca", personaggio storico vissuto tra otto e novecento, nacque nel 1867 a San Lazzaro di Savena, patria di quella "Fira ed San Lazar" che vide i debutti e poi il dominio di questo originale personaggio che fu Ragni. Bologna lo adottò nella sua Piazzola, Teatro, é il caso di dire, delle "messinscene" di questo cronista e teatrante, che insegnava così l'arte del vendere e del comprare. Già nel titolo sono indicate le doppie letture del personaggio Ragni e dell'ambiente in cui si muoveva, fatto di tante specie di "animali" di quel palcoscenico che è il mercato. E di questo mercato Ragni era un "Signore", un re; dominava ovunque andasse, non aveva concorrenza, e lui lo sapeva. Per questo era un galantuomo, generoso e distinto, tanto che spesso prestava la sua abilità nel vendere ad altri commercianti meno capaci. Le "fiere" sono quindi i mercati ma anche i relativi personaggi che li popolano, animali da domare, ma soprattutto da difendere. Un periodo, un'epoca, racchiusa in una giornata di mercato; una campana, che scandisce le ore, che segna il tempo degli anni che passano: la storia di Ragni nei mercati di provincia e quella dell'Italia "vista da Bologna". L'inizio di un secolo, la fine di un'era, la morte di Ragni, ucciso accidentalmente, schiacciato da un mezzo militare uscito dalla nebbia, a simboleggiare, ironia della sorte, l'avvento di tempi "moderni", il motore a scoppio, contro il dissolversi del "passato", il calesse tirato dal cavallo, cui Ragni era solito usare, a mò di palcoscenico. In questo modo si muove il lavoro, all'interno dell'"universo Ragni", ultimo dei cantimbanchi superstiti della Commedia dell'Arte, spesso indicato come il diretto discendente, in senso artistico, di Giulio Cesare Croce, l'immortale autore di Bertoldo e Bertoldino. Ragni, indirizzava al suo pubblico di miseri ed analfabeti, concioni e pungenti "zirudelle" (filastrocche) volte a combattere l'ignoranza, causa prima della miseria. Ciarlataneria, travestimenti, acrobazie di parole e di gesti. Una battaglia sociale condotta con scaltrezza e sincero amore per il popolo, da un uomo che, ai primi del '900 vedeva oltre il proprio contesto storico, ma insegnava a vivere meglio il presente. Comico e malinconico allo stesso tempo, lo spettacolo vuole dare rilievo ad una figura storica che, per gli aneddoti singolari per i quali è ricordata sembra essere mai esistita. Il continuo entrare ed uscire dalla figura "stereotipata" di Ragni, l'uso di uno "sboccato" umorismo, tipicamente petroniano, ormai non più di moda, permette all'attore di rendere le sembianze terrene di questo evanescente personaggio. Una metamorfosi necessaria per lasciar parlare e recitare Ragni come lui avrebbe fatto.