LÍ dove nessuno cercherebbe una storia, si può trovare una storia incredibile.
Scovare storie che altrimenti non verrebbero ascoltate e far sì che prendano vita fa parte della ricerca artistica di Beppe Casales, giovane attore e narratore padovano che la storia di Einstein aveva ragione l'ha trovata cercando...tra i rifiuti!
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Chi è
Intervista
Chi è
Beppe Casales nasce a Padova il 14 dicembre 1978.
Nel 1997 entra a far parte del gruppo di sperimentazione performativa Abracalam di Padova, dove si forma teatralmente con il regista Roberto Caruso. Ha seguito diversi corsi di formazione e stages, tra cui il laboratorio di narrazione "Passaggi di stato" con Laura Curino e uno stage col regista Rocco Di Santi della compagnia Lartes di Aversa (CE). Ha recitato come attore protagonista in diverse produzioni. Nel 2004 fonda con la danzatrice e coreografa
Alessia Garbo la compagnia
Via, che si è presentata alla città con
Debut, una rassegna tenutasi lo scorso febbraio.
Le sue ultime produzioni sono
Cloro, con il musicista Luca Francioso, e
Sueͱa!, con Alessia Garbo e il musicista Alessandro Grazian.
Einstein aveva ragione
E' il primo spettacolo interamente scritto, diretto e interpretato da Beppe Casales, in cui l'autore-attore riesce ad appassionare gli spettatori trattando un tema che sembra distante: il nucleare.
Einstein aveva ragione racconta la vita di Jack, un ragazzo americano nato lo stesso giorno e nello stesso luogo in cui è stata esplosa la prima bomba nucleare in territorio americano. La vita di Jack è inestricabilmente legata a quella del famigerato Poligono nucleare del Nevada. Ma la sua vita è legata anche ai grandi eventi che hanno caratterizzato trent"anni di vita americana: dal fenomeno Elvis fino all'allunaggio, da Woodstock alla guerra in Vietnam. A seguire Jack in questo viaggio allucinante tra plutonio e deserto, c"è la musica di quegli anni, propagata dalla radio. Una voce che però non dice la verità . E soprattutto non dice perché quando succede una tragedia sappiamo (quasi) sempre i nomi delle vittime e (quasi) mai i nomi dei carnefici.
Intervista
"Un teatro civile minuscolo. Per raccontare le storie che stanno sulle spalle della gente. E proprio per questo si fa fatica a vederle. Perché ci sono sempre storie che sfiori... e non te ne accorgi nemmeno, e loro, le storie, prima di scivolare via, se ne stanno un po' appollaiate sulle spalle. Per raccontare le storie che stanno sulle spalle della gente"
Mi parli della tua formazione teatrale?
Non ho fatto nessuna scuola, ho imparato facendo. Poi nel 2001 ho voluto provare a fare la prima cosa da solo, che è lo spettacolo che abbiamo messo in scena la seconda sera della rassegna "Debut", rivisto e corretto. Era un monologo, con della danza e della musica in scena . E' stato un percorso assolutamente personale, ho lavorato molto da solo, all'inizio solo di tecnica recitativa, di narrazione. Come testo usavo assemblaggi di pezzi scritti da altri però che servivano a raccontare la storia che volevo io. Erano tutti testi presi da libri che raccontavano la guerra di Spagna e invece poi nel reale allestimento ho riscritto tutto. Poi iniziato a scrivere, per cui
Einstein aveva ragione è il primo spettacolo totalmente scritto da me.
L'idea da dove è nata?
E' nata dal fatto che io ero interessato ai rifiuti, cioè volevo capire cosa succedeva ai nostri rifiuti. Sono passato poi ai rifiuti speciali e dai rifiuti speciali alle scorie radioattive. Rovistando su internet in cerca di informazioni sulle scorie radioattive ho incontrato lastoria di questo poligono nucleare negli Stati Uniti e da lì è nato tutto. E' stato molto difficile perchè non esiste in Italia nessun documento, libro o documento elettronico che parli di questa cosa. Ho trovato informazioni solo su internet in inglese, su siti americani, prevalentemente di associazioni di persone che avevano subito danni, pochissime cose governative, e quindi mi ha affascinato molto questa cosa.
Hai avuto dei contatti con dei testimoni?
No, perchè per me è già stato molto difficile riuscire a rendere interessante per un italiano una storia così lontana. Quello su cui ho puntato è il fatto che la storia americana in qualche modo è la storia nostra, perchè io parto dagli anni Cinquanta, ci sono tutti i fenomeni come Elvis, il rock'n'roll, poi c'è stato il periodo della contestazione, che è partito da lì e poi è arrivato qui, ecc...sono cose della storia americana che abbiamo importato, per cui questo è il legame che speravo di rendere. Non raccontare solo quella storia, ma raccontarla attraverso tutto il contesto culturale, che poi ha toccato anche noi. E' stato molto difficile e pensare di fare il percorso inverso, cioè pensare di ritradurre o fare qualche cosa in inglese mi sembrava un'impresa ancora più lontana per cui ho lasciato stare. Comunque ci sono molte associazioni, anche se da quanto ho potuto capire è stata una cosa che il governo americano ha voluto passasse più inosservata possibile.
Il tuo obiettivo era quello di far conoscere queste vicende?
L'obiettivo della mia ricerca in questo momento è trovare storie che sarebbe difficile conoscere normalmente. Credo che ce ne siano tantissime, e mi piace il lavoro di scovare storie incredibili, bellissime e di poterle mettere in scena perchè tutti le possano sentire. Poi alcune possono piacere di più, altre di meno: l'importante per me è che prendano vita. La storia di
Einstein aveva ragione in Italia, a meno che uno non abbia voglia di cercarsi informazioni da solo, è difficile che si riesca a conoscerla. Tra l'altro su questo argomento, il nucleare, ci sono stati degli avvenimenti anche in Italia che persone della mia età non conoscono.
C'è qualcosa di te in Jack, il personaggio del tuo spettacolo?
In realtà sì, è la persona che è giovane, è al di fuori di tutte le informazioni che gli altri sanno ed è quello che durante lo svilupparsi della storia apprende piano piano tutti gli strumenti che gli servono per poter giudicare quello che è successo. Quindi credo che rappresenti tutte le persone che ascoltano questa storia, come se fosse qualcuno del pubblico che piano piano si rende conto di tutti i vari aspetti della storia e alla fine si fa, inevitabilmente io credo, un'opinione. Di fronte a cose così grandi, una persona cerca di capire da che parte stare.
Adesso a cosa stai lavorando?
E' un periodo un po' particolare, perchè è nata una compagnia, Via. E' un grande inizio e credo che ci siano molte possibilità . Rispetto al lavoro che sto facendo, che è personale, vorrei avere la possibilità di fare dei laboratori, ma di questo se ne parlerà a settembre.
Poi sto collaborando con una compagnia di Venezia che si chiama Kairòs, una compagnia di teatro e danza, per uno spettacolo. A marzo parteciperò a un progetto prodotto dalla Fenice e dallo Iuav. A maggio inizierò le prove per uno spettacolo con i Teatri Uniti di Napoli, con la regia di Toni Servillo, con un testo di Vitaliano Trevisan, che è un autore veneto. E' una cosa importante, uno spettacolo grosso, con un mese di repliche a Roma e la possibilità di fare una tournèe nella prossima stagione. E' il mio primo lavoro in senso professionale come lo si intende in Italia, cioè in una compagnia che fa tournèe. Quindi sono un po' diviso tra il lavoro che io continuo a fare qui a Padova e queste altre cose a cui partecipo, importanti perchè non ho mai fatto esperienze in questo teatro, diciamo così, di serie "A".
C'è differenza nel modo di lavorare?
Sì, molto. Una delle differenze sostanziali sono i soldi. Padova poi è una città tra le più difficili in Italia da questo punto di vista. Voglio dire, non sono molti quelli che fanno la scelta di fare questo mestiere, e basta, e di non finire a doverlo fare come un hobby perchè è molto difficile vivere di questo mestiere. Cercare di lavorare qui facendo cose proprie è molto difficile perchè i soldi sono molti pochi, sia da parte del pubblico che dei privati. Invece quando lavori alla Fenice o a Roma con compagnie private che però hanno molte sovvenzioni, magari in coproduzione con teatri stabili, beh, lì cambiano un po' le cose. Anche per la visibilità .
Ci sono spazi in quei contesti per la ricerca?
Beh, lo spettacolo si basa su un testo di un autore giovane. E' una scelta di Teatri Uniti molto interessante quella di mettere in scena, loro che sono una compagnia di Napoli che ha fatto anche cose tradizionali, uno spettacolo sul Nordest, per il quale hanno scelto tre attori veneti. Trovo interessante da parte loro cercare di mettere in scena e quindi di capire questo non so se famoso o famigerato Nordest. Sicuramente non è uno spettacolo tradizionale quello che farò, però decisamente non sono molti quelli che fanno questo tipo di scelte. Basta guardare i cartelloni di alcuni teatri stabili per capirlo. Credo che non sia una novità .
Una tua opinione sul contesto teatrale a Padova
Io credo che siano cambiate molto le cose da un po' di tempo a questo parte con la nascita dei Carichi Sospesi perchè hanno dato spazio a realtà teatrali che veramente sembrava non esistessero. E' stato importante non solo per le persone che fanno teatro ma anche per le persone che vogliono vedere teatro, ed è stato una grossa novità a Padova perchè a parte la rassegna del Tam alle Maddalene e poche altre cose a Padova non esiste un luogo così. In più si è creata una vera e propria rete grazie a quel posto: da persona che fa teatro a Padova, frequentando il posto e vedendo gli spettacoli, posso dire che si sono create vere - e non finte - collaborazioni tra artisti. Questo credo sia un merito incredibile.
Perchè secondo te piace il teatro di narrazione?
Io credo che piaccia perchè è semplice, nel senso che sei davanti a una persona che più recitare ti parla. Io sono molto convinto di questo fatto: non si tratta di saper recitare ma di saper dire delle cose, ovviamente con delle tecniche particolari che si imparano, però quello che si fa è dire, raccontare una storia. Credo che questo sia - come dire?- rassicurante, soprattutto dopo esperienze di teatro d'avanguadia o post-avanguardia, sempre più introverse e più complesse rispetto al rapporto con il pubblico. E poi il teatro di narrazione è economico per chi lo fa. A volte è una scelta non dico obbligata ma quasi, nel senso che lavorare da soli è molto più economico che lavorare in sei persone, riuscire a pagare una persona è più facile che riuscire a pagarne sei o dieci. Quando venne Laura Curino a fare il suo monologo a Padova l'anno scorso, tenne un incontro prima dello spettacolo. In quell'occasione lei lo disse chiaramente: è un campanello d'allarme che ci siano così tanti narratori. Da una parte è bello perchè è un altro modo di fare teatro, dall'altra è un campanello d'allarme perchè è vero, purtroppo ci sono di mezzo anche i soldi in alcune scelte.
Nella tua formazione al teatro hai unito la danza. Com'è nato questo tuo interesse?
Nasce tutto dal fatto che ad Abracalam c'erano queste due anime che erano Roberto Caruso per il teatro e Alessia Garbo per la danza. Le produzioni erano interdisciplinari, nel senso che c'era sia teatro che danza e anche musica, per cui come linguaggio ho imparato a conoscerlo, a vederlo da subito, dall'inizio. Ho iniziato a seguire i laboratori di Alessia pensando che mi potessero servire per il lavoro dell'attore, in realtà poi ho scoperto che mi piaceva danzare e basta, al di là delle cose che mi servivano per il lavoro. Avere la possibilità di conoscere e di lavorare con Wes Howard e Tayeb Benamara [dell'associazione Terres-de-danse di Tolosa, Francia, nda] è stata una spinta in più perchè hanno un approccio alla danza rassicurante per una persona che non ha fatto molta tecnica. Poi le produzioni più specificatamente di danza, come
Vestiti, che è stata una delle ultime produzioni di Abracalam, era comunque molto teatrale, per cui era veramente un godimento sguazzare tra teatro e danza. E' divertente, molto molto divertente.
Abracalam esiste ancora?
Abracalam esiste ancora. Diciamo che l'esigenza mia e di Alessia con Via era creare una cosa che vivesse cercando di puntare più sulla produzione artistica che sull'aspetto della pedagogia, nonostante che questo aspetto esista -Alessia sta facendo comunque i suoi laboratori- però cercando di mettere più energie nella produzione e nella diffusione delle produzioni. Anche se è molto difficile, vogliamo cercare di far vedere i nostri lavori anche fuori da qui. Va bene lavorare nella propria città , ma esistono anche altri posti...
Ha avete già dei contatti?
Stanno nascendo contatti e collaborazioni con Theama, che è una compagnia di Vicenza, con i Carichi Sospesi, con Kairos di Venezia, poi c'è una collaborazione che già esisteva ad Abracalam con Lartes, che è una compagnia di Aversa.
Arianna Pellegrini